Articoli per la rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze
Da agosto 2018 Gabbie Vuote collabora con la Rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze
Allevamenti intensivi, un problema globale
"Quando avrete prosciugato l'ultimo dei fiumi, tagliato l'ultimo degli alberi, ucciso l'ultimo dei bisonti, e pescato l'ultimo dei pesci, solo allora vi renderete conto che non potete mangiare i vostri soldi!" Orso in piedi, Sioux.
Non dobbiamo chiederci cosa mangiamo ma chi mangiamo.
Gli animali: chi sono
"Gli animali sono miei amici e io non mangio i miei amici" (George Bernard Shaw)
Per conoscere gli animali, per capire che tutti loro hanno sentimenti ed emozioni, un video esplicativo "La vita emotiva degli animali da fattoria” www.incontraglianimali.org/salvarli.html una ricerca di Jeffrey Moussaieff Masson (psicoanalista e scrittore), ci aiuta.
Gli animali allevati sono intelligenti, ascoltano i lamenti dei loro compagni, avvertono la violenza, hanno paura della morte e tentano la fuga. Sono miti, docili, affettuosi, riconoscono l'amicizia e sanno comunicare. Sono madri, sono padri, allevano e proteggono i propri cuccioli. Sono innocenti e indifesi nelle nostre mani.
Come vivono
Ogni anno nel mondo 70 miliardi di animali – esclusi i pesci – sono allevati per produrre cibo. Di questi, il 70% vive in sistemi intensivi dove le condizioni di allevamento non rispettano i loro bisogni comportamentali e compromettono gravemente la loro salute e il loro benessere oltre a causare gravi sofferenze. Trattati come macchine da produzione invece che da esseri senzienti quali sono. Molti di loro non vedono mai la luce del sole, vivono in strette gabbie nelle quali non possono neppure voltarsi.
Animali sfruttati come fossero merce già confezionata nei vassoi di polistirolo, merce chiamata carne, che ormai più non vede, non sente, non allatta, non nidifica, in una parola non vive. Trasformati in numeri, semplici oggetti all’interno di una crudele catena di montaggio, devono crescere rapidamente per essere trasformati in prodotti di consumo nel minor tempo possibile.
Le loro dimensioni sono artificialmente gonfiate al punto che la loro struttura ossea cede a fronte di un peso non previsto e molto presto smettono di reggersi sulle zampe.
Gli allevamenti intensivi, in Italia sono predominanti e rappresentano i peggiori lager per gli animali nonchè la maggior causa di crudeltà verso di loro sul pianeta. 600 milioni di animali che vengono uccisi ogni anno in Italia fanno una vita terribile.
Gli allevamenti intensivi sono definiti dalla FAO, Food and Agricolture Organization, a nome delle Nazioni Unite, “un vivaio di malattie emergenti”, e sono responsabili dello sviluppo di pandemie ed altri episodi di straordinaria gravità.
Siamo invasi da una televisione culinaria come se fossimo costruiti di solo stomaco e non anche di cervello (cultura), cuore (sentimenti), muscoli (sport) e fantasia (arte).
La pubblicità mente, ci imbroglia, ci condiziona: non ci sono prati fioriti per gli animali da reddito ma scuri e fetidi capannoni, gabbie minuscole, reti e ferri, catene. Inferni stracolmi di dolore per creature innocenti. Esseri senzienti ma perché? Per sentire le sofferenze immani che l'uomo ha destinato loro in barba a leggi, morale, dignità, compassione?
Non possiamo accettare che le leggi parlino in un modo, anche se molto blandamente e ipocritamente, e la realtà, l'applicazione, il controllo, la nostra indifferenza parlino in un altro.
Infatti la legge 146/2001 attuazione della Direttiva europea 98/58 sulla protezione degli animali negli allevamenti, stabilisce “misure minime” di protezione e ripete, quasi ossessivamente di: adottare misure adeguate per garantire il benessere, evitare sofferenze o lesioni inutili, adottare misure di maggiore tutela, adottare metodi alternativi all’alimentazione forzata di oche e anatre, riconvertire gli allevamenti di animali da pelliccia, offrire agli animali malati un trattamento appropriato, non causare limiti di movimento in base alla specie tale da causare inutili sofferenze o lesioni, dare all’animale uno spazio adeguato alle sue esigenze, non tenere gli animali costantemente al buio o esposti a illuminazione artificiale, alimentarli senza procurare inutili sofferenze o lesioni…
…..ma, guarda caso, sono consentite:
la cauterizzazione dell’abbozzo corneale, il taglio del becco, la castrazione per mantenere la qualità dei “prodotti”, tutto riducendo al minimo le sofferenze ed effettuato da personale qualificato.
Sarà possibile eliminare la sofferenza a un maialino di pochi giorni castrato senza anestesia da un semplice operaio?
Negli allevamenti il 20% degli animali (1 su 5) muore prima di arrivare al macello (secondo i dati diffusi dall'OIE Organizzazione Mondiale per la Sanità Animale). Per malattie e infezioni, per fame, schiacciati e incastrati in un macchinario o in una grata.
Le torture che gli animali d'allevamento subiscono sia durante la breve prigionia che durante il trasporto e la macellazione sono tanto orrende che gli autori delle investigazioni sotto copertura stentano a riprendersi dagli incubi visti e sentiti. Scendono all'inferno per documentare e si bruciano l'anima.
Qualcuno li chiama eroi ma sicuramente sono persone con un grande cuore, una grande passione, una coscienza cristallina www.animalequality.it/infiltrato-industria-carne
Ci domandiamo: cosa hanno di differente dai cani e dai gatti gli animali degli allevamenti? Hanno i cinque sensi, i sentimenti, l'intelligenza, la memoria, sono docili, miti, erbivori e, soprattutto sono capaci di soffrire.
Se sulle confezioni di carne, di uova, di latte, di pesce, perfino di un certo caffè, ci fossero le immagini di come vivono e di come muoiono gli animali, molti resterebbero agghiacciati.
Danni collaterali
A prescindere dalla sofferenza atroce e inaccettabile dei miliardi di animali schiavizzati, gli allevamenti intensivi producono, a noi umani, numerosi danni.
Primo fra tutti, contribuiscono al cambiamento climatico in maniera prioritaria rispetto ad altre cause. Secondo la FAO il settore dell'allevamento rappresenta il maggior produttore di gas serra responsabile dell'aumento delle temperature, ovvero del riscaldamento globale.
Secondo il rapporto del 2006 Livestock's long shadow, in seguito aggiornato, incidono per oltre il 50% sul cambiamento climatico oltre che a pesare sulle risorse alimentari e idriche, inquinamento delle acque (vedi anche il Rapporto di Greenpeace sulla presenza di pesticidi e antibiotici nei corsi d’acqua europei, dall’Austria, alla Polonia, all’Italia), accaparramento delle terre (land grabbing), deforestazione, diminuzione della biodiversità, degradazione del suolo www.essereanimali.org/2018/03/... Naturalmente i mass media tacciono.
In occasione di importanti appuntamenti internazionali, ultimo dei quali alla fine del 2018, ha prodotto un documento firmato da ben 130 istituzioni accademiche di tutto il mondo e intitolato “Opportunità per ricerche future e innovazioni relative al cibo e alla sicurezza della nutrizione e dell’agricoltura: la prospettiva della partnership inter-accademica globale” , che elenca le direttive da mettere subito in atto per scongiurare un aumento di 2° C della temperatura del pianeta.
Il cambiamento climatico rende ancora più critica la sicurezza alimentare e alimenta le disuguaglianze (il numero di persone mal nutrite o sotto nutrite è passato da 777 milioni del 2015 agli 815 milioni del 2016) mentre la recente deforestazione del Brasile ha detto addio al 13,7% delle foreste pluviali, un valore molto superiore a quello degli ultimi anni.
Nel documento delle 130 istituzioni si stabilisce, fra l’altro, di riconoscere che il numero di animali allevati ha raggiunto il massimo tollerabile e cioè 28 miliardi di individui che sono i responsabili principali dell’emissione di metano (il gas più pericoloso perché contribuisce all’effetto serra 85 volte più della CO2) e gas azotati. Sollecitano la riduzione dell’allevamento degli animali che hanno una maggiore impronta ambientale e cioè: bovini da carne e da latte e maiali.
Altro danno è l’abuso di antibiotici necessari a controllare le malattie degli animali causate dall'eccessivo stress e dalla vita contro natura.
Questo abuso di antibiotici alimenta l'antibiotico resistenza che solo in Italia è responsabile della morte di 5000-7000 persone ogni anno e in Europa di 25.000 (fonte EFSA/ECDC), che produrrà, secondo l'OMS, nel giro di 30 anni, più morti per le infezioni batteriche che per il cancro (10 milioni in tutto il mondo).
L'Italia in questo è maglia nera d’Europa dopo la Grecia, in quanto il 70% degli antibiotici venduti è destinato agli animali degli allevamenti così che siamo il terzo maggior utilizzatore di antibiotici in allevamento d’Europa.
Il Ministero della Salute ha emanato “Linee guida per la promozione dell’uso prudente degli antimicrobici negli allevamenti zootecnici per la prevenzione dell’antimicrobico-resistenza”. Un insieme di suggerimenti che però non delineano tempi e metodi precisi. Un documento fine a se stesso e rimanda a futuri ulteriori interventi per l’adozione di una strategia basata su indicazioni internazionali che chiedono di affrontare il problema in maniera globale, in una prospettiva definita One Health, un principio che riconosce la salute umana e quella animale fortemente interconnesse.
Secondo quanto dichiarato dall'Unicef, 6 milioni di bambini muoiono ogni anno nel mondo di fame e malattie e il dato è in crescita.
"In Italia, patria della dieta mediterranea (patrimonio immateriale dell'Unesco), due bambini su 10 sono in sovrappeso e uno su 10 è obeso, con una maggiore prevalenza nel centro sud. L’obesità infantile è un fenomeno non solo dilagante ma anche persistente: circa il 50% degli adolescenti obesi rischia di esserlo anche da adulto (Società italiana di Pediatria). L'Italia inoltre è al primo posto in Europa per i tumori nei bambini che sono in continuo aumento (cancerogenicità della carne secondo OMS) http://laverabestia.org/play.php?vid=5925
La Giornata Mondiale dell’Alimentazione istituita dalla FAO ha un obiettivo ambizioso: annientare la fame nel mondo entro il 2030. Dichiara che per raggiungere l’obiettivo “dobbiamo adottare uno stile di vita più sostenibile”.
Ovvero, secondo la ricerca dell’Università di Oxford pubblicata dalla rivista Nature (https://go.nature.com/2Eir1wa) occorre: ripensare il modello di produzione del cibo, allevamenti e consumo di acqua; mangiare il 75% in meno di manzo, il 90% in meno di maiale e metà del numero di uova; triplicare il consumo di legumi e quadruplicare i semi oleosi.
Oltre un quinto dei test effettuati nel 2017 su campioni di carne ha rilevato la presenza di DNA di animali non indicati in etichetta. Lo scrive BBC News, che attraverso una richiesta fatta sulla base del Freedom of Information Act ha ottenuto i documenti raccolti dalla Food Standards Agency (FSA), che contengono i risultati di 665 test effettuati nel 2017 dalle autorità sanitarie locali di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord. Su 665 campioni, 145 erano costituiti in parte o interamente da carne non specificata.
Il prodotto più comunemente etichettato in modo errato è il macinato, seguito da salsicce e kebab. Carne non dichiarata in etichetta è stata trovata anche in piatti pronti, come spaghetti alla bolognese e curry, mentre una porzione di carne di struzzo è risultata contenere solo manzo (Il fatto alimentare 24/09/2018). Non crediamo che l’Italia si discosti dal trend.
Da tener presente quella famosa Piramide alimentare che ogni tanto vediamo apparire nelle riviste ma che in realtà è misconosciuta. Descrive una serie di regole nutrizionali e la carne è in punta alla piramide.
Il malaffare inoltre si è da tempo infiltrato nel mondo animale - corse clandestine di cavalli, traffico di cani, bracconaggio, uso intimidatorio - ed è approdato nel mondo degli allevamenti, della macellazione e della distribuzione della carne sino al settore ittico.
Approfondimenti
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Firenze, gennaio 2019
Mariangela Corrieri
Presidente Gabbie Vuote ODV Firenze