Caccia al cinghiale - Relazione
“La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale” (Art.1 legge 157/92)
La fauna selvatica non è dei cacciatori e loro adepti ma di tutti i cittadini
La proposta di legge obiettivo n. 27 della Regione Toscana per l'uccisione di centinaia di migliaia di ungulati
La proposta di legge obiettivo n. 27 della Regione Toscana per l'uccisione di centinaia di migliaia di ungulati
(cinghiali, daini, caprioli, cervi, mufloni)
con formula 3su4 durante tre anni ininterrotti di caccia
viola molte leggi nazionali ed europee compreso l'Art. 117 della Costituzione.
con formula 3su4 durante tre anni ininterrotti di caccia
viola molte leggi nazionali ed europee compreso l'Art. 117 della Costituzione.
"Saevitia in bruta est tirocinium crudelitatis in homines"
LA CACCIA AL CINGHIALE
La mistificazione su cui si fonda una pratica crudele
Ma qual è l'entroterra "culturale" della caccia, perché restiamo ancorati a una visione antropocentrica dell’universo quando la vita, in tutte le sue forme, ci induce ad abbracciare il biocentrismo per non restare incentrati in un mondo asettico, prefabbricato, artificiale, incapaci di percepire la poesia, la bellezza, l’empatia?
Quali sono i motivi di tanta violenza contro gli animali?
Eccoli:
Interessi insaziabili, ipocrisie mascherate, obiettivi larvati, prepotenze connaturate, privilegi illegittimi, illegalità consolidate, sadismo, rozzezza, incontinenza.….tradotti ed elencati nell’esposizione che segue.
La Toscana è la prima regione italiana per numero di cacciatori. L’Umanesimo e il Rinascimento con la nuova percezione dell'uomo e del mondo è ormai trapassato remoto, pozzo buio e profondo, un’immagine da sfruttare perché il medioevo del ristagno culturale, tra la grandezza dell’età classica e la rinascita umanistica, si ripresenta in uno dei tanti corsi e ricorsi della storia.
CHI E' IL CINGHIALE
Secondo le definizioni dispregiative, il cinghiale è: bestia nera, irsuto, setolone, re della macchia, attila, selvatico suide, materia prima, devastante presenza, allarme sociale, flagello, pericolo mortale, piaga insanabile; aggettivi in negativo come: smisurato, enorme, esorbitante, grandissimo, ingente, notevole, insanabile, devastante, mortale, spropositato, inquietante, indesiderato, incontrollabile, distruttivo, nocivo, pericoloso…ecc.ecc..
Il Prof. Franco Nobile (medico, docente e cacciatore, medaglia d’oro al valore della Sanità conferitagli dal Presidente della Repubblica Ciampi), autore del volume “Il cinghiale”, scrive:
"Vita ed abitudini di questo ungulato, nonostante la sua ampia diffusione nel nostro Paese, rimangono in gran parte sconosciute. La maggior parte dei cacciatori del cinghiale, ad esempio, conserva di esso solo l'immagine di un batuffolone di setole lanciato come un missile attraverso le poste per evitare più danni possibile. Le principali caratteristiche del cinghiale sono la socialità, la vita notturna, la predilezione per la macchia folta, l'erratismo ed il desiderio di tranquillità”. Ancora: “Il genere Sus e la specie scrofa attualmente presente in Italia è la risultante degli incroci della sottospecie maremmana autoctona con i grossi e prolifici cinghiali centro europei e con i maiali domestici, dei quali il nostro ungulato è il cugino selvatico”. Ancora: “Nomade ed amante del quieto viver, la sua presenza è incompatibile con un sovraffollamento umano”. Ancora: “L’attaccamento della madre ai figli è notevole. Essa non esita ad affrontare qualsiasi avversario”. Ancora: “Le principali caratteristiche del cinghiale sono la socialità, la vita notturna, la predilezione per la macchia folta, l’erratismo ed il desiderio di tranquillità”. Ancora: “Come tutti gli animali, il cinghiale attacca solo quando non può difendersi fuggendo” Ancora: “In ogni tempo e in ogni paese, il cinghiale è stato reputato tra gli animali selvatici più intelligenti”. Ancora: “Non è mai stato riferito che i cinghiali si allarmino con persone inoffensive, come gitanti, cercatori di funghi o boscaioli. Anzi il cinghiale non teme le persone che parlano normalmente o addirittura che urlano. Il coraggio del cinghiale è leggendario quanto la sua intelligenza. Se non è provocato o ferito il cinghiale non aggredisce l’uomo”. Ancora: “Il cinghiale si presta ad essere addomesticato sin da piccolo, allevandolo con un biberon. Si affeziona facilmente all'uomo e con la sua intelligenza è in grado di imparare come o forse più di un animale domestico.
Convive senza paura o ribellione con cani e gatti e senza prepotenze al momento del rancio”.
L’habitat favorevole del cinghiale è rappresentato dai boschi di quercia con fitto sottobosco e cespuglietti in grado di conferire sicurezza e tranquillità ai siti di riposo e riproduzione, caratterizzati da una buona disponibilità idrica.
L’alimento base è la ghianda (Adriani 2003). Quando questa non è sufficiente il cinghiale dirige la propria attenzione alle coltivazioni (mais, grano, orzo, avena, uva, olive, castagne).
Il disturbo antropico spinge il cinghiale a compiere spostamenti notevoli alla ricerca di siti più tranquilli.
La Regione Veneto nel suo opuscolo “Il cinghiale” scrive:“Un aspetto che viene spesso trascurato è che il cinghiale preferisce in larga misura alimentarsi con alimenti naturali in ambienti di macchia o foresta e che si rivolge alle colture agrarie solo se non trova fonti trofiche (relative alla nutrizione) naturali”.
La Rivista Veneto Agricoltura 2005 scrive: “Il cinghiale presenta una struttura sociale tipicamente gregaria in cui la femmina adulta o scrofa è l’unità fondamentale del gruppo costituito dai suoi cuccioli e da altre femmine con i piccoli legate generalmente da vincoli di parentela; sono estranei solo i maschi adulti con più di tre anni di età che vivono solitari oppure accompagnati da altro maschio giovane detto ‘scudiero’. In anni di normale disponibilità alimentare i cinghiali si riproducono una volta all’anno. Il numero dei piccoli varia da 2 nelle scrofe giovani fino a oltre 8 per scrofe adulte in ottime condizioni.” “Gli allevamenti di cinghiali possono costituire una diffusione del suide anche in aree in cui la presenza non è compatibile con le tipologie ambientali presenti e potrebbe costituire impatto con le colture agricole.”
ARSIA Regione Toscana - La prevenzione dei danni alle colture da fauna selvatica - gli ungulati: metodi ed esperienze - scrive: "In via di principio le aree dove i cinghiali possono vivere non arrecando danni alle colture agricole sono quelle a elevata percentuale di boschi. Il bosco è l'habitat di elezione del cinghiale e, fin tanto che resta all'interno del bosco, ben difficilmente può combinare danni".
Presidente Cigno Verde chiantigiano scrive: "Il cinghiale toscano odierno è un ibrido incrociato dagli anni 50/60 con quello ungherese, più recentemente anche con il suino domestico; quindi una nuova razza manipolata con un maggior trend di nascite e prolificità."
Rapporto 2004 - La gestione della fauna in Italia - di Legambiente e Arci Caccia: "L'abbattimento di femmine gravide o nei primi mesi dopo la riproduzione è un problema che concerne la moralità dei cacciatori (esiste?). Per esempio gli individui giovani privi della guida della madre tendono a manifestare un maggiore erratismo con documentate conseguenze dirette sulla frequenza di collisioni con veicoli e danni alle colture agricole". Inoltre "L'impatto sulle colture come è noto è principalmente dovuto agli animali giovani". Ancora "L'esistenza di una relazione diretta tra cinghiali e lupo rende necessaria una gestione attenta per evitare che il predatore a causa di una eccessiva riduzione delle densità del cinghiale non trovando cibo sufficiente possa ripiegare sulla predazione di animali domestici".
SOVRAPPOPOLAZIONE
Come affermato ormai da tempo da ricercatori, studiosi, biologi, zoologi, istituti scientifici, la caccia è un meccanismo che si autoalimenta e quindi come si potrebbe conciliare l’interesse degli agricoltori con quello dei cacciatori? I primi chiedono addirittura l’eradicazione del cinghiale (e del capriolo), gli altri ne vogliono quantità elevate per soddisfare il loro condizionante piacere.
Franco Nobile nel suo libro Il cinghiale: "Il nutrimento artificiale, generalmente abbondante e talvolta eccessivo, rende i cinghiali meno soggetti alla selezione naturale operata dai rigori invernali” E ancora: “Mantenere una popolazione di cinghiali ad un livello economicamente sopportabile dall’ambiente, richiede una gestione faunistica venatoria che tenga conto della struttura sia quantitativa che qualitativa delle popolazioni di ungulati”. Ancora: “ Il tasso di mortalità dei porchetti è piuttosto elevato: nei primi otto mesi di vita può raggiungere il 30-40%”. Ancora: “La dinamica delle popolazioni di cinghiali, più che alle variazioni del loro tasso riproduttivo, è oggi collegata soprattutto al prelievo venatorio”
Osservazioni di alcuni tra i ricercatori e studiosi di cinghiali sul perchè della sovrappopolazione.
Silvano Toso (ex direttore dell'INFS attuale ISPRA) nelle Linee guida per la gestione del cinghiale sintetizza: "Tra le cause che hanno favorito l'espansione del cinghiale hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale le immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni '50".
Dal sito di URCA e Big Hunter si legge che nel settembre 2009 a fronte di 150.000 capi stimati se ne vogliono abbattere 50.000.
Da Il forestale set/ott. 2009: "Nel caso del cinghiale la falla è rappresentata dai ripopolamenti che ancora oggi vengono fatti annualmente a ritmo di decine di migliaia di capi. Inutile pensare di risolvere il problema del sovrannumero dei cinghiali se prima non si tappa la falla arrestando questo fiume di esemplari liberati ogni anno dalle strutture pubbliche e private per alimentare una crescente domanda venatoria. Se da domani non si liberassero più cinghiali il problema si ridimensionerebbe in poco tempo poiché anche i cinghiali subiscono l’effetto limitante di alcuni fattori ambientali. Il cinghiale è una specie a selezione r (la popolazione cresce e colonizza rapidamente l'ambiente fino a raggiungere un picco che dipende, naturalmente, dalla capacità portante dell'ambiente) in cui il ciclo riproduttivo prevede in condizioni normali un solo parto annuale”.
Le ricerche sul cinghiale in Italia mediante radiotelemetria sono cominciate a partire dagli anni ottanta e hanno dato luogo a numerose pubblicazioni scientifiche di carattere nazionale ed internazionale (Il cinghiale di G. Massei P. Genov Edagricole 2000).
Uno studio scientifico di ricercatori biologi francesi (capitanati dalla Biologa Sabrina Servanty) ha seguito per un periodo di 22 anni la moltiplicazione dei cinghiali in un territorio del dipartimento Haute Marne, in cui sono sottoposti ad una caccia molto intensa, confrontandola con quella di un territorio con caccia poco intensa nei Pirenei (http://pubget.com/paper/22023578).
“E' risultato che la fertilità dei cinghiali è notevolmente più alta quando la caccia è intensa.
Inoltre quando la caccia è intensa la maturità sessuale viene raggiunta più presto, prima della fine del primo anno di vita. Così i cinghiali raggiungono la maturità sessuale con un peso medio inferiore quando la caccia è intensa. Invece, nei territori in cui sono presenti pochi cacciatori la moltiplicazione dei cinghiali è minore e la maturità sessuale viene raggiunta più tardi, con un peso medio più elevato” (S.Servanty et al., Journal of Animal Ecology, 2009), link: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1365-2656.2009.01579.x/abstract
Uno studio di Norbert Happ, noto conoscitore tedesco di cinghiali e anche cacciatore, apparso sulla rivista venatoria Wild und Hund (nr.23/2002), stabilisce che “L'aumentata riproduzione è causata dall'uomo…Relazioni sociali disordinate con estri non coordinati e moltiplicazione incontrollata sono da imputare esclusivamente all'esercizio della caccia". Ulteriori fonti: http://www.norberthapp.de/ www.abschaffung-der-jagd.de
Uno Studio del prof. Josef H. Reichholf, Direttore della Divisione Vertebrati della collezione zoologica di Monaco di Baviera e docente di Biologia e Conservazione della Natura nelle due Università di Monaco, spiega che “quando in un territorio vengono uccisi molti animali mediante la caccia, che avviene soprattutto in autunno ed in inverno, i sopravvissuti hanno un migliore apporto nutritivo. Gli animali così si rinforzano e si riproducono in primavera più presto e con maggior numero di discendenti”. Secondo lo scienziato “attraverso la caccia le specie animali che sono già rare divengono ancora più rare, e quelle che sono comuni, diventano ancora più comuni.” (Suddeutsche Zeitung – 28 gennaio – Freiheit fur Tiere n° 3 – 2009)
Un documento ISPRA: Biologia e conservazione della fauna – Banca dati ungulati anno 2009 di Carnevali/Pedrotti/Riga/Toso, afferma, a proposito della diffusione del cinghiale.. “Ancora incerta e non completamente chiara risulta la sistematica del cinghiale a livello sottospecifico, ulteriormente complicata da due ordini di fattori legati alle attività umane: l’ibridazione delle popolazioni selvatiche con i conspecifici domestici e l’incrocio con forme evolutesi in aree geografiche differenti ed introdotte dall’uomo in zone estranee al loro areale originario.”, e ancora “…a partire dagli anni ‘50, la massiccia introduzione di cinghiali, inizialmente operata con soggetti catturati all’estero e, successivamente, con animali prodotti in allevamenti che si sono andati progressivamente sviluppando in diverse regioni italiane. Ciò ha creato problemi di incrocio tra sottospecie differenti e di ibridazione con le forme domestiche, che hanno determinato la scomparsa dalla quasi totalità del territorio della forma autoctona peninsulare.”
Un documento scientifico a cura del Dr. Massimo Tettamanti (chimico-ambientale) dal titolo Dalla caccia alla scienza-attività venatoria danni all’agricoltura e gestione degli ecosistemi, afferma, tra l’altro: “…Dal punto di vista ecologico, è poi fondamentale osservare che, data la notoria difficoltà di far riprodurre gli animali selvatici in cattività, i ripopolamenti tendono ad essere effettuati con forme simili ma non identiche a quelle naturalmente presenti in un ecosistema, la maggior parte delle quali sono il risultato di ibridazioni tra specie selvatiche e domestiche. Il ripopolamento rappresenta dunque una fonte potenziale di inquinamento del patrimonio genetico delle specie selvatiche, tanto più che gli animali liberi talvolta si accoppiano con gli animali da ripopolamento. Questo è accaduto ad esempio con il cinghiale: il cinghiale da ripopolamento è un ibrido tra il cinghiale e il maiale Large White, un animale assai più grande e prolifico del cinghiale selvatico. Per quanto queste caratteristiche possano gratificare i cacciatori, che possono contare su una preda di dimensioni eccezionali, i cinghiali da ripopolamento, con i dieci-dodici piccoli che generano in ogni cucciolata, causano danni rilevantissimi ad attività economiche anche molto pregiate, come la coltivazione dei tartufi; ovviamente questi danni vengono usati dalle lobbies venatorie per sostenere la tesi della ‘nocività’ degli animali selvatici e quindi la necessità della caccia”. (fonte: http://www.gondrano.it/desert/lab/caccia/ecosist.htm)
Fulco Pratesi: il cinghiale “fino al secondo dopoguerra era presente quasi soltanto in Maremma meridionale e in Sardegna.”
Su La Nazione del 17/11/04, in controtendenza, i cacciatori di Dicomano si lamentano per i cinghiali che sono troppo pochi e che “durante le battute straordinarie estive che ormai sono troppe, molti esemplari sono stati uccisi direttamente dai cani perché erano ancora di dimensioni ridotte”.
Scheda di divulgazione Veneto Agricoltura aprile 2004, nonché Regione Veneto, opuscolo “Il cinghiale”: “Sono numerosi gli interventi di popolamento e ripopolamento effettuati prevalentemente a scopo venatorio realizzati negli ultimi decenni. Fin dagli anni ’60 c’è stata la massiccia immissione di capi di provenienza centro europea che unitamente alle ibridazioni col maiale domestico hanno portato alla comparsa di forme molto diverse da quelle esistenti in passato e che offrono maggiori difficoltà gestionali. Infatti l’inquinamento genetico che ne è derivato ha determinato tra le altre cose un aumento della prolificità e delle dimensioni corporee mentre è diminuita l’elusività degli animali nonché la loro capacità di cercarsi cibo nelle originarie condizioni ambientali”. Ancora: ”In Veneto la comparsa del cinghiale è imputabile a ripopolamento illegale”.
Luigi Boitani (Airone 1985): “I cinghiali centro europei vennero utilizzati nelle reintroduzioni per tre motivi importanti per i cacciatori: la maggiore prolificità, l’accrescimento più rapido, il peso superiore. Al contrario la razza maremmana, costituita da animali più piccoli, a bassa natalità, adattati alla povertà ambientale della macchia mediterranea originaria, più rustici, più resistente alla sete più adatti a spostarsi nell’intrico della vegetazione”.
La Provincia di Como ammette che fino a una trentina d’anni fa gli ungulati erano assenti nel territorio Lariano e ora stanno proliferando in maniera abnorme. Motivo: i ripopolamenti abusivi.
Il Mattino di Padova denuncia l’allevamento abusivo di cinghiali sui Colli Euganei.
Dalla relazione per il controllo del cinghiale nel Parco del Po torinese http://www.parcopotorinese.it/ric-faun-problem-cinghiali.html : “In passato locali gruppi di cacciatori hanno potuto capillarmente organizzare a più riprese lanci clandestini e nel contempo sono sorti micro-allevamenti non autorizzati a scopo di ripopolamento senza alcuna verifica sanitaria e senza accertamenti sull’ordine degli esemplari utilizzati. Ricordiamo a questo riguardo che l’ibridazione con ceppi dell’Europa centrale e orientale e addirittura col maiale oltre ad avere compromesso la purezza dei cinghiali italiani, ha aumentato la prolificità della specie ed esposto le diverse popolazioni a conseguenze di tipo sanitario”. Ancora:“I censimenti non sono attendibili. Il divario tra lo sperimentato modello vincente centroeuropeo e la nostra situazione pionieristica dà la misura delle difficoltà operative per arrivare a censimenti attendibili.”
L’ISPRA nelle sue linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette del 2010 http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/quaderni/conservazione-della-natura/linee-guida-per-la-gestione-del-cinghiale-sus-1/leadImage/image_view_fullscreen parla di un censimento “facilitato dall’accresciuta disponibilità di supporti tecnologici a costi contenuti quali, ad esempio, foto trappole e termo camere, insieme ad una migliore definizione delle metodologie statistiche”. Inoltre, nel caso del cinghiale caratterizzato da un’attività quasi esclusivamente notturna, l’ISPRA dichiara che l’associazione del line transect (metodo di censimento) con una termo camera ad infrarossi, aumentando considerevolmente la contattabilità della specie rappresenta una soluzione utile sia per l’affidabilità delle stime che per la limitazione di costi e tempi.
Sempre l’ISPRA “Biologia e conservazione della fauna – banca dati ungulati – anno 2009” Carnevali/Pedrotti/Riga/Toso scrive: “….a partire dagli anni 50 la massiccia introduzione di cinghiali inizialmente operata con soggetti catturati all’estero e successivamente con animali prodotti in allevamenti…ha creato problemi di incrocio tra sottospecie differenti e di ibridazione con le forme domestiche che hanno determinato la scomparsa, dalla quasi totalità del territorio, della forma autoctona peninsulare” .
Museo naturalistico degli Alburni, studio “La gestione del cinghiale in Italia” anno 2007 Vatore/Pignataro/Vicidomini, dichira che “Il ripopolamento effettuato a scopo venatorio con animali del ceppo centro europeo e spesso con soggetti derivanti da incroci con il suino domestico ha contribuito a creare un cinghiale ‘moderno’ con una notevole varietà fenotipica (insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo)”.
Non esistono censimenti scientifici ma solo opinioni interessate che aumentano a dismisura il numero dei cinghiali presenti sul territorio italiano. A dimostrarlo sono le varie osservazioni contraddittorie. Per esempio la proposta di legge 27 che in Toscana chiede l’abbattimento di 250.000 cinghiali, da una parte dichiara che i cinghiali in toscana sono 80.000 e dall’altra 200.000. Oppure quando si afferma che i cinghiali sparsi in almeno 95 province delle 107 italiane sono 600.000 si sottolinea la sproporzione tra questo numero e quello indicato dalla legge 27 che riguarda le sole province toscane.
Rapporto 2004 - La gestione della fauna in Italia - di Legambiente e Arci Caccia: "Fino ad oggi la gestione venatoria del cinghiale è stata più spesso orientata alla massimizzazione delle presenze e dei carnieri. Una prova di ciò sono le operazioni di immissione in natura che ancora oggi vengono largamente realizzate in modo abusivo da chi è interessato al prelievo della specie (si pensi alla ‘comparsa’ di cinghiali sull'arco alpino) o, inspiegabilmente, vengono addirittura promosse in modo ufficiale da diverse Amministrazioni locali" e ancora: "Assenza di informazioni affidabili sulla consistenza delle popolazioni "
Luigi Boitani, 11 ottobre 2015 ha scritto: "Che io sappia non esistono censimenti di qualità scientifica tale da poter essere pubblicati su riviste qualificate. In Toscana dei cinghiali vivi non si sa molto, solo stime soggettive, opinioni personali".
Lo stesso concetto di sovrappopolazione non ha un fondamento scientifico, Significa che gli animali sono di più di quelli che dovrebbero essere ma nessuno può dire quanti dovrebbero essere. Non disturbati si regolano secondo la legge biologica della capacità portante. Invece, la Regione Piemonte nel 2008 ha promosso lo studio delle caratteristiche genetiche delle popolazioni di cinghiale tramite l’Università di Sassari e del Laboratorio chimico della Camera di Commercio di Torino http://www.urcasiena.com/wp-content/uploads/2015/09/cinghiale.pdf
Francesco Petretti, biologo, dichiara: “La falla è rappresentata dai ripopolamenti che ancora oggi (14 settembre 2015) vengono fatti annualmente a ritmo di decine di migliaia di capi. Inutile pensare a risolvere il sovrannumero dei cinghiali se prima non si tappa la falla arrestando questo fiume di esemplari liberati ogni anno dalle strutture pubbliche e private per alimentare una crescente domanda venatoria”.
Prof. Carlo Consiglio http://www.carloconsiglio.it/ dichiara che le cause principali dell'incremento demografico sono: "le immissioni a scopo venatorio spesso con soggetti provenienti da allevamenti e anche appartenenti a sottospecie non autoctone e perfino ibridati con maiali domestici".
Consorzio Chianti Classico, suo comunicato stampa "A causa di una politica troppo accondiscendente verso la caccia e di una gestione inadeguata delle aree protette, sono state importate negli ultimi 20 anni specie animali che erano totalmente estranee al territorio. I cinghiali che ora popolano queste terre, importati dall'Europa dell'est sono ben diversi da quelli nativi, sia per la loro stazza sia per la capacità riproduttiva. Così si è prodotto un aumento esponenziale di ungulati. Il Chianti Classico non chiede tiri al bersaglio selvaggi ma politiche ragionate per la salvaguardia del proprio ecosistema".
Presidente Cigno Verde chiantigiano scrive: "Il cinghiale toscano odierno è un ibrido incrociato dagli anni 50/60 con quello ungherese più recentemente anche con il suino domestico; quindi una nuova razza manipolata con un maggior trend di nascite e prolificità."
Silvano Toso (ex direttore dell'INFS attuale ISPRA) nelle Linee guida per la gestione del cinghiale sintetizza: "Tra le cause che hanno favorito l'espansione del cinghiale hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale le immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni '50".
Legambiente: "Il cinghiale è stato considerato animale di mero interesse venatorio e per tale attività sono state spese per decenni risorse economiche e organizzato attività per l'immissione di razze più prolifiche, di maggiori dimensioni, con traslocazione di esemplari da un'area all'altra del Paese, foraggiandoli diffusamente ed attuando abbattimenti che preservassero la crescita numerica delle popolazioni per la successiva stagione venatoria . Nelle piccole isole il cinghiale era del tutto assente ed è stato immesso a scopo venatorio".
https://ilblogdialpvet.wordpress.com/2015/05/21/leffetto-boomerang-nella-gestione-del-cinghiale riporta lo studio di alcuni ricercatori, provenienti da quasi tutti i paesi europei, sulla caccia colpevole della moltiplicazione del cinghiale. Indica come “causa la destrutturazione dei gruppi, l’alimentazione supplementare, la reintroduzione illegale di specie a scopi venatori, la stessa attività venatoria nonché la braccata che si dimostra la soluzione peggiore”.
LA CACCIA
La chiamano sport, arte, magia “……….io ho ucciso una femmina con la prima fucilata e con la terza ho colpito alla testa un piccolo. Altri due piccoli sono riusciti a sfuggire ma si rimbrancheranno presto e troveranno qualche femmina che si prenderà cura di loro, niente paura!……..”
La caccia al cinghiale è una caccia brutale che alimenta nell’essere umano sentimenti indegni. Uccide l’umanità in lui e lo prepara ad altre forme di violenza.
E’ anacronistica e anche pericolosa per gli umani producendo, come si sa, oltre un centinaio di morti e feriti a stagione venatoria.
Da alcuni dati sembra che il 50% dei cacciatori si dedichi alla caccia al cinghiale.
Una squadra costituita in media da 40 cacciatori ben armati (fucili sofisticati con ottiche da 12 e più ingrandimenti, tute mimetiche, cellulari, radio) con l’uso di una cinquantina di cani, si prepara alla braccata. Per cercare di eliminare ogni pericolo, vengono proposte (per esempio in Friuli) altane e protezioni alle poste, in questo modo i cacciatori, armati di tutto punto, protetti degnamente, possono sparare dalla poltrona come veri uomini.
Una volta che i cinghialai si sono sistemati nelle poste assegnate, alcuni di loro, i canai, seguono i cani alla ricerca delle tracce.
Individuato, inseguito, scovato e braccato il cinghiale, i canai eccitati urlano nel loro primitivo gergo le informazioni agli altri cacciatori fino a che l’animale in fuga, passando davanti a una posta, viene colpito.
Succede che il cinghiale colpito non sia ancora morto e che, per risparmiare il pallettone, venga quindi sgozzato.
A fine cacciata i cinghialai si ritrovano al capanno per festeggiare l’avventura con una bella mangiata davanti agli animali sanguinanti appesi a testa in giù. Dopo i festeggiamenti e le fotografie di rito, gli animali vengono eviscerati, squartati e fatti a pezzi.
Citiamo, per completezza, la seconda via perseguita dai cacciatori: quella del bracconaggio. L’uso di trappole, tagliole, lacci e cavi d’acciaio, munizioni spezzate, battute in zone protette, richiami elettromagnetici, visori notturni, ecc. Proibita ma praticata tant’è che ben oltre l’80% dei bracconieri sono gli stessi cacciatori.
I cacciatori (con la stessa sfacciataggine con cui si sono autodefiniti protettori della natura, cavalieri dell’ambiente) si preparano durante ogni mese dell’anno, attraverso i quotidiani di tutta Italia, ad instillare nell’opinione pubblica ma soprattutto in quella delle istituzioni, la necessità dirompente di eliminare i cinghiali.
Il motivo è sempre il solito, sono troppi, e creano danni: devastano i raccolti, provocano incidenti automobilistici, sono causa della rottura delle attrezzature agricole, disturbo alle altre specie, di impoverimento dei parchi naturali; c’è addirittura chi li accusa “di mangiare gli avanzi del cibo dei cani”, chi “di introdursi nei giardini privati di villette bifamiliari”, chi di “assaltare i muri a secco” ecc. ecc.
Il danno all’agricoltura (che rende i cacciatori furbeschi alleati degli agricoltori) è comunque il pretesto principale per continuare la caccia indiscriminata a fini commerciali, basti pensare alla enorme richiesta nei ristoranti di carne di selvaggina.
C’è chi promuove l’eradicazione totale del cinghiale come in Veneto o a Capalbio ma tutti i cacciatori e loro associazioni ne chiedono senza sosta l’abbattimento selettivo, per ridurne il numero, dicono.
Ma se i cacciatori uccidono i cinghiali durante tutto l’anno perché questi non diminuiscono?
Perché invece, secondo gli stessi cacciatori, aumentano, perché si diffondono anche dove pochi anni prima non c’erano, perché riescono a raggiungere isole a nuoto?
I cacciatori dimenticano di dire che il piccolo cinghiale autoctono, meno prolifico, del peso di circa 70 kg. è quasi completamente scomparso dall’Italia. Sterminato.
Non dicono che in Sicilia il cinghiale era storicamente assente, che nei colli Euganei, nel Conero, nel triangolo lariano, a Caprera e in altre zone il cinghiale non c’era e che ora c’è.
I cinghiali per i quali si richiedono a grandi voci gli abbattimenti selettivi in ogni periodo dell’anno, sono i cinghiali alloctoni, proveniente dai paesi dell’Europa orientale, pesanti circa 200 kg. e molto più prolifici.
Ma com’è arrivato questo cinghiale a popolare la macchia italiana? Attraverso le importazioni, introduzioni e ripopolamenti promossi dagli stessi cacciatori (quegli stessi cacciatori che oggi gridano alla mattanza). Alle importazioni si aggiungono gli allevamenti, spesso abusivi, che, soltanto in Piemonte, sono 144.
Ecco alcune affermazioni interessanti su cui riflettere.
Fabio Perco, naturalista e zoologo, su Airone 1985: “Il cinghiale pronta caccia, il maiale cinghialato messo lì al solo scopo di essere ucciso, trasforma il cacciatore in sparatore che conclude la sua giornata in un’operazione di bassa macelleria”.
Nel Rapporto 2004 “La gestione della fauna in Italia” di Legambiente e Arci Caccia si legge "la caccia al cinghiale che un tempo veniva praticata solo in alcune zone d'Italia centrale ha mostrato una rapida e progressiva espansione e il sistema della braccata con cani di seguita normalmente utilizzato per la caccia al cinghiale nel nostro Paese non può essere considerato il sistema di controllo della specie, in particolare all'interno delle aree protette".
Ma i cacciatori (Rivista Caccia al cinghiale del giugno 2005) replicano che il ricorso alla sola girata o caccia all’aspetto sono insufficienti per mantenere sotto controllo l’espansione del cinghiale. Ma se la braccata continua ad essere usata perché i cinghiali aumentano? Sulla stessa rivista si legge: “Si è passati in molte province ad un sistema sbrigativo per la lotta ai cinghiali: l’impiego delle gabbie di cattura spesso all’interno delle zone di riserva o di ripopolamento lontane dai campi e dalle attività agricole. E’ un sistema sommario di sterminio, crudele e antisportivo, dettato da motivazioni demagogiche che costituisce un grande pericolo per il futuro del cinghiale”. Ma lo scrivono proprio loro? La “verità” si rivolta nella tomba perché direbbe che il giudizio deriva dalla sottrazione di un piacere che vogliono solo per sé.
L'ipocrisia di chi favorisce la caccia risalta nella contraddizione vergognosa tra l’appello: "Se mi vuoi bene non mi toccare" della campagna informativa per i piccoli di capriolo (successive vittime, dopo il cinghiale, della filiera alimentare proposta) e il Calendario faunistico venatorio 2015-2016 della Toscana dove si autorizza l'uccisione di quei piccoli sottratti alle madri e ai cittadini compassionevoli per elargirli ai cacciatori.
VITTIME UMANE DELLA CACCIA
I numerosi dossier di raccolta dati dell’Associazione Vittime della Caccia http://www.vittimedellacaccia.org dal 2009 attestano di centinaia di casi di feriti e morti umani. Bambini uccisi, feriti, traumatizzati da pallini che li hanno sfiorati, dal vedere ammazzati a pochi metri da casa i loro amici (centinaia di animali domestici protetti per legge), dal non poter giocare serenamente sulle loro altalene con la paura che possa arrivare un cacciatore. Bambini violati. Tutto ciò non rappresenta alcuna esagerazione, basta leggere le notizie puntualmente riportate.
Tali incidenti vengono passati sotto silenzio, giudicati dai cacciatori come: fatalità, errori, imponderabile sfortuna, effetti collaterali, congenito rischio della caccia.
Senza considerare i costi delle forze di controllo messe in campo, dell’uso di ambulanze, elisoccorsi, delicati interventi chirurgici.
La Toscana si colloca in questa vergognosa esperienza, al secondo posto dopo la Lombardia.
I CANI DEI CINGHIALAI
La legge 281 del 14 agosto 1991 chiama i cani “animali d’affezione”. Non li distingue in categorie: cani da caccia, cani da compagnia, cani da guardia, cani da ricerca, cani da soccorso, cani da...ecc.
Ma i cani dei cacciatori di cinghiali non sono animali d’affezione, non si vedono a passeggio con i loro padroni, non in macchina, in viaggio; non nel giardino di casa, nè a giocare sulla spiaggia coi bambini.
Sono fantasmi. Sono soltanto e semplicemente strumenti.
Strumenti per uccidere come i fucili, le battute e l’organizzazione di una squadra di caccia. In quanto strumenti e non esseri viventi, in barba all’art. 13 del Trattato di Lisbona, alla Dichiarazione di Cambridge, all’esaltante Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale varata nel 1978 dall’Unesco, il rispetto è una categoria a loro non dovuta.
Le leggi di tutela, non vengono applicate per i cani dei cinghialai che, fra tutti i cani, sono quelli meno tutelati, i più abbandonati, i più uccisi. I dimenticati..
Il maltrattamento è diffuso, standardizzato, sclerotizzato al punto che questi cani nessuno li vede, sono invisibili o, meglio, tutti li vedono ma come parte inamovibile del paesaggio.
Per questo motivo non può essere considerato il caso singolo ma tutto il sistema.
Estate
In Toscana, ovunque ci si muova, si faccia una passeggiata, si passi in macchina, ai bordi dei paesi, alle periferie delle città, in mezzo ai campi, nelle pinete e nella macchia, isolate, nascoste, si incontrano baracche di legno putrido e lamiere, protette da cancelli, circondate da reti, oscurate da teli verdi, inaccessibili alla vista se non fosse per le fessure e gli squarci.
In ognuno di questi canili abusivi, che sono centinaia e centinaia, vengono rinchiusi cinque, dieci e anche più cani, soprattutto piccoli segugi, spinoncini e meticci di questi.
Sono i cani dei cinghialai, allevati e utilizzati per la caccia al cinghiale.
Cani lasciati soli, prigionieri di gabbie di un metro e mezzo per due con tre o quattro animali, costretti al letargo forzato tutto il giorno e tutti i giorni per l’intero periodo di chiusura della caccia. Ci sono cani rinchiusi in box completamente al buio, come murati vivi.
Il sole crea temperature insopportabili d’estate e i cani non hanno difesa neppure all’ombra delle basse, spesso inconsistenti tettoie dove il calore ristagna a causa delle lamiere da cui sono circondati. A volte la tettoia è tanto piccola e trasparente da permettere un’ombra illusoria.
Ma ci sono cani che non hanno neppure questa protezione e sono sottoposti al sole diretto perchè legati a catena fissa, corta poco più di un metro, la quale consente loro soltanto di saltare dal tetto della cuccia fino a terra e viceversa. Questi cani sono costretti a cercare un’impossibile sollievo stringendosi alla parte in ombra della loro cuccia o scavando una buca, profonda al massimo quindici centimetri, sotto di essa.
Le cucce sono ripari rudimentali di legno marcio e infetto, bidoni di lamiera, oggetti precari, qualcosa di indefinibile e incompleto. I recinti sono fatiscenti, messi insieme con materiali di ogni tipo, anche lamiere di eternit, senza attenzione per gli spunzoni di ferro che possono ferire (casi di cani dilaniati); le fogne sono inesistenti, gli escrementi e i resti di cibo putrefatto si ammassano sul terreno che non può essere decentemente lavato perchè manca di pendenza, di pavimentazione, di scoli. La derattizzazione viene effettuata senza precauzioni (si notano cumuli di sostanze chimiche ai bordi dei recinti) e i topi avvelenati catturati dai cani possono risultare a loro volta venefici (casi di cani morti).
L’ambiente dove sono ammassati i cani risulta pertanto un luogo igienicamente precario, un pericoloso serbatoio di microbi per gli animali e per l’uomo.
Ma sapendo quanto grande sia il bisogno di bere per i cani, considerando soprattutto le condizioni in cui sono costretti a vivere, colpisce in modo particolare l’assenza dell’acqua e, quando se ne scorga un po’ in fondo ai secchi, questa si presenti gialla e putrida.
Sono quasi del tutto assenti i recipienti per il cibo. Pagnotte di pane secco e pezzi di pizza giacciono per terra tra gli escrementi.
Eccezionalmente si distinguono nella polvere resti di crocchette e, ancora più eccezionalmente, pastoni di pane bagnato con avanzi di pomodoro, piselli e bucce di mele.
La cosa che più sconvolge è però la solitudine, la segregazione di questi animali, l’isolamento fisico e psicologico, la mancanza di rapporti e di contatti con l’uomo, la costante inedia, il tedio, la cupa tristezza che si legge nei loro occhi.
Come potrebbe essere altrimenti? Esclusa la caccia invernale, la loro esperienza di vita è unicamente quella catena o i pochi metri di terra sporca.
Il giorno e la notte, il sole e la pioggia cadono inesorabili su quella catena e su quella polvere e la presenza umana limitata al nutrimento (?) e alla pulizia (?) si consuma in una manciata di minuti neppure tutti i giorni.
Un estraneo che si avvicini ai recinti riscontra all’inizio atteggiamenti aggressivi, denti in mostra, abbaiare furioso, salti contro le reti, a volte schiumare dalla bocca. Ma, man mano che ci si accosta, i cani si ritraggono, quasi fuggono, coda tra le gambe, il loro atteggiamento diviene timido, di soggezione, temono perfino un gesto di carezza. Sono contemporaneamente aggressivi e paurosi e questo suggerisce l’idea che vengano trattati duramente dai proprietari sia per l’addestramento alla caccia, sia per insensibilità e spietatezza.
Stremati dai tanti pasti saltati, dalle tante ferite riportate, dalle tante cucciolate partorite, dalle tante angherie sopportate, questi cani sono il simbolo della barbarie umana riconosciuta come sport e addirittura chiamata arte.
Cani tristi, cani apatici, cani pazzi che girano intorno alla cuccia senza sosta. Cani che abbaiano inferociti e cani timidi che si nascondono. Cani che si lanciano alla rete ringhiando per ritrarsi impauriti al cenno di una carezza.
l loro padroni non li amano, perchè dovrebbero? Questi animali sono soltanto strumenti come i fucili e le cartucce, come la tuta mimetica e i cellulari.
Il concetto di benessere animale, secondo i parametri fisiologici, ecologici ed etologici suggeriti da vari studiosi (Dr. Roberto Marchesini, Dr. Enrico Moriconi veterinari bioetici) per questi cani non soltanto viene ignorato ma arrogantemente sostituito da un attivo, costante e consolidato maltrattamento
Inverno
D'inverno, durante la caccia, vengono buttati nella macchia a stanare il cinghiale dal quale molto spesso vengono sventrati, colpiti in modo grave con ferite da sfondamento, con fratture composte, scomposte o esposte, lesioni ad effetto iceberg, ecc. Indicativo è il fatto che circa il 70% degli studi veterinari organizza, nel periodo di caccia, turni serali e festivi.
La vita media di un cane da caccia al cinghiale è assai breve, si parla di circa 6 anni.
Questo è da imputare alle numerose ferite che vengono procurate all’animale durante la battuta di caccia e alle carenti o tardive cure che gli vengono prestate.
Franco Nobile. “Lo sfregamento reciproco, con conseguente usura, dei canini superiori con gli inferiori, oltre a limitare una crescita eccessiva, ne rende così tagliente il filo che certe ferite inferte ai cani sembrano provocate dal bisturi di un chirurgo anziché dai denti di un animale”
Lo studio effettuato dall’Università di Pisa nell’anno 2000 su 118 cani feriti, è eloquente. I 118 cani hanno riportato 170 ferite, prevalentemente profonde e con “effetto iceberg”. Tale studio è supportato anche dalla relazione di bilancio di una squadra tipica maremmana dove, in un periodo compreso tra il 14 novembre 2002 e il 23 gennaio 2003, vari cani della muta sono stati ripetutamente operati (anche 4 volte), quasi sempre per ferite profonde.
La crudezza e la ferocia dei rapporti dei cinghialai con i cani della squadra è verificabile su internet.
Sono gli stessi cacciatori che si improvvisano veterinari per il primo soccorso di cui sono ricchi di istruzioni i loro siti web. Naturalmente gli interventi vengono fatti senza anestesia ma su un animale legato e reso inoffensivo.
Si legge per esempio: "Nei casi di sfondamento del torace, i lobi polmonari (questi ultimi si riconoscono perchè sono di colore rosa intenso e fuoriescono ritmicamente dalla ferita del torace) vanno delicatamente reinseriti all'interno possibilmente utilizzando dei guanti di lattice, tamponando poi il foro con le solite garze o panni puliti legati attorno al torace". Oppure: "Se l'arteria o la vena recisa è visibile, potete pinzarla per fermare l'emorragia. Un cenno particolare va fatto per le ferite al collo, punto questo dove si trovano dei vasi sanguigni molto grossi e il rischio di emorragie mortali è altissimo. Si suggerisce in questo caso........". E ancora: "Disinfettare le ferite superficiali, abrasioni od irritazioni cutanee ed eventuali ferri chirurgici da usare".
Ma, le facili istruzioni che si leggono sui siti e che legittimando gli interventi accomunano il dilettante al professionista, il cacciatore al veterinario, non sempre sono seguite o ben eseguite perchè in realtà i cacciatori non sono veterinari. Infatti si leggono anche frasi che descrivono manipolazioni e uccisioni, esperimenti di interventi che si risolvono per il cane in grandi sofferenze e lunghe agonie finite poi con una fucilata. "Nella mia lunga carriera di cacciatore ho abbattuto almeno una dozzina di animali irrecuperabili e non mi ha mai fatto piacere, ma meglio questo che costringerli ad una vita da invalidi che non gli e' propria"; "........mi chiamo L.C. e sono il presidente della squadra di caccia al cinghiale del ......., avendo perso ben quattro cani nell'ultima battuta, di cui due li ho dovuti finire personalmente siamo disponibili a rilevare cucciolate di meticci braccoidi purche' gratuiti (siamo una piccola squadra con pochi fondi)"; "..... mi capita spesso durante una battuta al cinghiale che qualcuno dei miei cani riporti ferite anche profonde. Non potendo sostenere i costi del veterinario tutte le volte, ho provato a dare i punti da solo, ma devo aver sbagliato qualcosa di fondamentale poichè la ferita non si rimarginava e alla fine si è' infettata, cosa che mi ha costretto ad abbattere il cane".
Istruzioni di pronto soccorso sul web per i cani feriti dai cinghiali
Alla fine di ogni cacciata restano sul territorio una miriade di cani sparsi che non sempre è possibile recuperare e che frequentemente capita di trovare sul ciglio della strada, investiti da un’auto. Ma anche per quelli feriti può essere compromessa la salvezza in quanto restano a lungo senza soccorso. Sappiamo che molti animali vecchi, inabili, incapaci, sventrati o mutilati vengono sommariamente soppressi con una fucilata.
Alcuni animali sono stati trovati impiccati nei boschi.
Addestramento
Cuccioli di cinghiale (si evitano gli animali adulti perché, detto in gergo, “spaccherebbero” i cani) vengono introdotti nei recinti affinché i cani si esercitino in quella che sarà poi la caccia vera e propria. Questi cinghialini terrorizzati cercano la fuga inutilmente. Vengono inseguiti per ore e ore fino a che soccombono impazziti di paura, dilaniati dai morsi dei cani eccitati dal sangue e dalle grida dei cinghialai.
Ma anche il cane, giovane e inesperto può restare ferito, anche su di lui si accanisce il cacciatore per renderlo docile e adeguato strumento.
La legge n. 189 del 20 luglio 2004 punisce il maltrattamento degli animali a prescindere dal contesto in cui il maltrattamento avviene. La legge n. 157 dell’11 febbraio 1992 regola le attività legali legate alla caccia ma se entro il contesto dell’attività venatoria un soggetto maltratta o incrudelisce su animali esulando dalle regole, la nuova legge si applica anche a tale reato. Quindi perché i cinghialini azzannati, perseguitati, uccisi dovrebbero sfuggire alla protezione della legge?
Le gare cinofile dei cacciatori sono regolate dall’art. 18 comma 1, dall’art. 30 comma 1 lett. A e h, dall’art. 21 comma 1, art. 12 della legge 157/92. Con sentenza 578/90 la Corte Costituzionale ha sentenziato che l’attività di abbattimento di animali anche se di allevamento, è qualificata come venatoria e quindi non è consentito l’addestramento dei cani con abbattimento di animali in periodo di caccia chiusa.
Dai siti dei cacciatori si legge: “La vecchia scuola consigliava l’utilizzo di spini, aghi e tutto ciò che poteva pungere il palato al cane che stringeva in maniera eccessiva la selvaggina”. Ancora: “Oggi l’addestramento rapido è facilitato dal collare elettrico. Non tutti i cani lo sopportano”. Oppure: “E’ ancora in uso ma nessuno ne parla, la fucilata con cartuccia piccola nel posteriore del cane che non ascolta il cacciatore.”…..” Per saggiare la reazione del cane iniziate sempre l’utilizzo del collare elettrico dalla posizione di minimo impulso…..”.
http://www.vittimedellacaccia.org/archivio/2978-dossier-20122013-vittime-della-caccia-animali-domestici-allevamento.html animali domestici vittime della caccia. http://www.petfamily.it/cani/curiosita/cani-da-caccia-a-rischio.html migliaia sono i cani, morti e dispersi durante la stagione venatoria.
A caccia chiusa i cani vengono condannati al letargo di mesi e mesi, prigionieri di canili lager.
BRACCONAGGIO
Franco Nobile dal suo libro Il cinghiale: “La persecuzione esasperata di questo ungulato perché provoca danni all’agricoltura è diseducativa dai punti di vista naturalistico e venatorio, incentiva ed in un certo senso giustifica il bracconaggio, oltre a risultare, assai spesso, antieconomica, cioè con un rapporto costi-benefici squilibrato”.
I cacciatori nei loro forum dichiarano pubblicamente che “preferiscono “bracconare” e correre il rischio una tantum di pagare un’ammenda piuttosto che attenersi alle regole e accontentarsi di poche prede legalmente abbattute”.
Dal gennaio 2011 il CABS raccoglie su base giornaliera tutte le informazioni disponibili relative a reati commessi da cacciatori e bracconieri di nazionalità italiana ai danni della fauna selvatica. Il “calendario” se pur perfettibile, rappresenta la più completa rassegna del fenomeno del bracconaggio disponibile al momento e rappresenta solo la punta di un enorme iceberg. Nel calendario non sono inseriti casi di infrazioni amministrative ma soltanto infrazioni o reati relativi all’abbattimento di specie protette, caccia in aree protette, uso di fucili con più munizioni del consentito, ecc. Nei tre mesi di massima migrazione degli uccelli, fra settembre e novembre, sono stati perpetrati e riscontrati il 58% di tutti i reati commessi nel corso di 12 mesi.
Praticamente è rilevato quanto l’illegalità venatoria arrechi danno alla biodiversità.
Nella stagione venatoria 2014-2015 l’aumento rispetto a quella precedente dei reati di bracconaggio è stato del 40,7% con 1594 persone coinvolte e 706 casi rilevanti http://www.komitee.de/sites/www.komitee.de/files/wiki/2011/02/Analisi%20dati%20caccia%20illegale%20in%20Italia%202014-2015.pdf
Dal dossier risulta evidente che oltre l’80% dei reati venatori più gravi vengono compiuti da cacciatori veri e propri e l’81% di questi durante la stagione di caccia.
Non a caso i cacciatori italiani sono famosi per la loro voracità durante i viaggi all’estero: camion con tonnellate di uccelli uccisi durante i viaggi di turismo venatorio vengono regolarmente intercettati dalle dogane nei Paesi dell’est europeo come unica prova dei massacri compiuti dai cacciatori italiani all’estero.
Ha fatto scalpore la decisione presa dal governo albanese di chiudere la caccia per due anni per far riprendere la fauna dalla voracità dei cacciatori italiani.
Dato eclatante: Brescia si configura come la prima provincia per numero di reati. Questo la dice lunga sull’educazione e il condizionamento ricevuto dalla Fabbrica d’armi Beretta Spa.
Tra le regioni la Toscana è sesta.
In fatto di vigilanza venatoria e repressione del bracconaggio il 37% dei casi viene represso dal volontariato ambientale, il 24% dal Corpo Forestale dello Stato, il 18% dalla Polizia Provinciale.
Eliminati questi due corpi di vigilanza cosa resterà dell’impegno dello Stato nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema?
Una barbarie unica del bracconaggio è rappresentata anche da ciò che è stato raccolto: cavetti d’acciaio utilizzati per la cattura di cervi e cinghiali, decine di migliaia di archetti e lacci preparati con crini di cavallo o nylon per intrappolare uccelli di piccola taglia spezzando loro le zampe e condannandoli a penose agonie.
Nella sola Lombardia su 30.000 cacciatori ci sono 10.000 capanni fissi da dove i cacciatori fanno il tiro al bersaglio. Carlo Consiglio, già ordinario di zoologia alla Sapienza: “Il problema delle lobby dei cacciatori nel parlamento a partire dagli ATC risiede proprio nella diminuzione del numero dei cacciatori, meno ce ne sono minore è il giro d’affari. Le ditte di armi che hanno invaso la bresciana Val Trompia come la Beretta o la Fiocchi che a Lucca produce le cartucce, devono a tutti i costi allargare i diritti dei cacciatori e aumentare le specie cacciabili, gli interessi sono altissimi”. Inoltre: “un aiuto ai cacciatori viene dai ripopolamenti: più animali ci sono più danni causano ai campi più la caccia diviene ‘ necessità’ di controllo venatorio” Ancora: “Il sovrannumero è poi un’invenzione di sana pianta: il numero giusto di animali è selezionato naturalmente grazie alla ‘capacità portante’. Per arginare i danni basterebbe applicare gli studi dell’ARSIA di Firenze come le poco costose recinzioni elettriche e le colture a perdere”.
Caso gravissimo in Toscana è rappresentato dalla provincia di Livorno in quanto, mentre sono stati rilevati in un anno soltanto 3 reati, al centro recupero della LIPU vengono consegnati ogni mese decine di rapaci, rinvenuti lacci e veleni, lupi uccisi e, negli ultimi anni uccisi ben 4 ibis eremita del progetto Waldrapp http://waldrapp.eu/index.php/it/progetto/informazioni-del-progetto uno dei più grandi progetti europei di conservazione di una specie.
Nel dicembre 2014 in occasione del convegno sul bracconaggio a Firenze, con interventi del WWF, CNIPAF, CABS, si dichiara questa pratica “un giro d’affari miliardario che arricchisce persone senza scrupoli e impoverisce il mondo intero”, nonché: “Una trentina di anni fa il bracconaggio era praticato su scala ridotta spesso da cacciatori locali poco organizzati. Ma negli ultimi decenni la nuova tecnologia, l’aumento della domanda di alcuni prodotti, l’aumento dei conflitti, la diffusione di armi e lo scarso rischio di sanzioni, hanno trasformato i tradizionali gruppi in vere e proprie organizzazioni criminali.”
Il bracconaggio in Italia è stato oggetto recente dell’apertura di un Pilot (richiesta di informazioni che precede la procedura d’infrazione) da parte della Commissione europea allarmata dall’alto tasso di uccisioni illegali che si verificano nella nostra penisola.
Nel 2011 dirigenti dell’Ufficio caccia della Provincia di Siena sono stati indagati per vari gravi reati a favore della caccia. Finanziamenti e battute agli ungulati con auto istituzionali, di notte, nei parchi.
INEFFICACIA DELLA CACCIA
Decenni di abbattimenti non hanno cambiato, bensì peggiorato, la situazione.
Ecco solo alcuni dei tanti studi prodotti in proposito.
Il prof. Carlo Consiglio, biologo, cattedra di zoologia all'Università di Roma La Sapienza, libero docente in Entomologia...dichiara: "Da oltre 30 anni il cinghiale arreca gravi danni all'agricoltura in tutta Europa; le autorità decretano abbattimenti ma l'ammontare dei danni continua a crescere. Evidentemente la caccia non è un metodo efficace . Il disturbo arrecato dalla caccia causa un aumento della fertilità e quindi dei danni." http://autori.fanpage.it/occorre-abbattere-i-cinghiali-per-limitarne-i-danni/
Rapporto 2004 (La gestione della fauna in Italia) di Legambiente e Arci Caccia scrive che "La rapida ed inarrestabile espansione geografica che ha caratterizzato il cinghiale negli ultimi decenni, ha comportato la sua comparsa anche in aree intensamente utilizzate dal punto di vista agricolo ma essendo i danni alle colture da considerarsi un fatto fisiologico piuttosto che cercare di ottenere un'improbabile eliminazione dei danni è necessario semmai puntare a una riduzione di questi ad un livello socialmente accettabile che, in determinati contesti, può risultare anche estremamente basso".
Regione Veneto opuscolo “Il cinghiale”: “Popolazioni destrutturate con un eccesso di individui giovani sono al contrario quelle che determinano un impatto più elevato a causa degli eccessivi erratismi degli animali poco esperti”. Ancora: “Negli anni in cui le ghiande, le castagne, le faggiole sono più abbondanti gli animali preferiscono queste risorse anziché dedicarsi alle colture agricole”.
Circolo Legambiente Chianti fiorentino: http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/emergenza-cinghiali-in-toscana-la-caccia-intensiva-non-e-la-soluzione-e-il-problema/
Studio svolto in Francia, Haute Marne da Vassant ed altri.
Studio svolto in Francia orientale da Kaminski ed altri, durato 12 anni.
Luigi Boitani dice che il cinghiale "è una specie con strategia ‘r’ il che implica che l'espansione delle popolazioni non può essere controllata con i modi di caccia tradizionali."
Toigo ed altri in Francia hanno trovato che una popolazione pesantemente cacciata continuava ad accrescersi nonostante che la probabilità per un cinghiale di essere ucciso fosse superiore al 40%.
Studio in provincia di Siena su due gruppi di cinghiali, Val di Farma e Chianti Val di Chiana, dove gli animali si riproducono in modo equilibrato nell'uno e squilibrato nell'altro, causa caccia e gestione differenti.
ISPRA: "La forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, crea spesso una destrutturazione delle popolazioni caratterizzate da elevate percentuali di individui giovani responsabili di un sensibile aumento dei danni alle colture". Nonostante questo parere la Toscana continua ad ammetterla nei propri calendari venatori.
Moretti in Canton Ticino ha riscontrato che: "La caccia determina una perdita della sincronizzazione dell'estro con le femmine che si riproducono nel primo anno di vita in maggior misura che in una popolazione naturale".
Apollonio: "Il continuo disturbo della caccia provoca il prolungamento del calore con perdita di sincronizzazione dei parti".
Herrero ed altri nei Pirenei e nella Valle dell'Ebro, hanno constatato che: "nella popolazione intensamente cacciata quasi tutte le femmine restavano gravide già nel primo anno di età anzichè nel secondo".
http://www.urcasiena.com/2015/09/15/leffetto-boomerang-nella-gestione-del-cinghiale/ e Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25512181) Studio pubblicato sulla rivista Pest Management Science a cura di diversi ricercatori provenienti da quasi tutti gli stati europei, che ha dimostrato come negli ultimi decenni in tutta Europa la popolazione di cinghiale sia cresciuta in termini esponenziali nonostante la forte pressione venatoria. Motivi: basso tasso numerico dei predatori, inverni miti, alimentazione supplementare, la reintroduzione illegale della specie a scopi venatori nonchè la stessa attività venatoria. La caccia agisce principalmente su animali adulti ne consegue una destrutturazione della popolazione che comporta un maggior tasso riproduttivo. "La braccata con i cani rappresenta di fatto l'esempio emblematico di come una gestione semplicistica e spesso attuata a fronte di pressioni politiche, si sia dimostrata di fatto la soluzione peggiore nella gestione del "problema cinghiale".
Sulla braccata si sono espressi Maillard e Fournier 1993, dichiarando che “è accertato che la braccata tende ad aumentare notevolmente la mobilità del cinghiale che, talvolta, addirittura decuplica i propri spazi vitali o sposta del tutto il centro della propria attività”.
Il ricercatore Alessandro Bisiani, citando ricerche di zoologi, biologi, docenti universitari di fama internazionale spiega: "Riguardo agli ungulati, in questo caso alla specie Sus scrofa, è ormai assodato che la caccia non riduca il numero degli esemplari nel lungo termine, anzi porti al collasso la struttura del branco, alla colonizzazione di nuovi spazi, all'anticipo del primo estro nelle femmine, alla non più coincidenza della sincronizzazione delle nascite e, di conseguenza, ad un aumento del tasso di queste oltre che a parti plurigemellari".
Sull’inutilità e anzi, la nocività della caccia si è espresso attraverso la pubblicazione di un articolo sulla Suddeutsche Zeitung (uno dei più importanti quotidiani tedeschi) il prof. Reichholf eminente Direttore della Divisione Vertebrati della collezione zoologica di Monaco di Baviera e docente di biologia e conservazione della natura nelle due università di Monaco, il quale afferma che “Quando in un territorio vengono uccisi molti animali mediante la caccia che avviene soprattutto in autunno e inverno, i sopravvissuti hanno un migliore apporto nutritivo. Gli animali così rinforzati si riproducono in primavera più presto e in maggior numero.” Secondo lo scienziato “attraverso la caccia le specie animali che sono già rare divengono ancora più rare e quelle che sono comuni diventano ancora più comuni.”
Norbert Happ, il più noto esperto di cinghiali ed ungulati della Germania ed egli stesso cacciatore afferma: “I rapporti sociali disordinati nelle popolazioni di cinghiali con riproduzione incontrollabile sono da imputare esclusivamente all’esercizio venatorio”.
Dr. Caterina Rosa Marino LAC: “La caccia di selezione è una favola per chi vuole crederci. Serve solo a peggiorare la situazione. La cosiddetta caccia di selezione è una finzione enorme, gli unici che fanno selezione sono gli animali tra loro e le leggi della natura.”
RIMEDI
Per i danni all'agricoltura
Ci domandiamo: come mai il mondo agricolo e le sue associazioni di categoria non reclamino l’immediato divieto a ripopolamenti, allevamenti e compravendita dei suini selvatici che ridurrebbe in breve tempo il numero degli esemplari in circolazione? C’è forse un’intesa, accordo, comune interesse in molte di queste imprese agricole?
Franco Nobile dal libro Il cinghiale: “La componente più abbondante nell’alimentazione del cinghiale è rappresentata dagli alimenti di origine vegetale (ghiande delle querce europee e faggiole). Ancora: “Infine l’ostacolo a un comportamento innato, il nomadismo, la cui libera espressione rappresenta un’esigenza esistenziale, crea al cinghiale uno stress traumatizzante e può avere ripercussioni negative anche su altri comportamenti. E forse è proprio in questo ostacolo al nomadismo che si possono ravvisare le cause principali dei danni provocati dai cinghiali alle colture agricole”. Ancora: “L’habitat caratteristico prevede un sottobosco non necessariamente di altezza rilevante; è sufficiente che sia molto fitto, impenetrabile e che ripari l’animale anche superiormente”. Ancora: “Se questi ungulati vanno ad alimentarsi nei campi coltivati significa che non trovano nel bosco le risorse necessarie perché sono in soprannumero rispetto alle possibilità alimentari dell’ambiente”. Inoltre: “Le ricerche hanno messo in luce che la causa principale dei danni in agricoltura, più che in una eccessiva densità, sta in una cattiva struttura sociale dei branchi, troppo ricchi di soggetti giovani che vengono respinti dagli anziani dominanti ai margini del bosco, alla portata tentatrice dei campi coltivati”. Inoltre: “Se l’accesso a una foresta vicina è ostacolato, ad esempio, da una strada con molto traffico, vanno a cercare nelle colture agricole quella varietà che desiderano”. Ancora: “I principali fattori che influenzano l’erratismo del cinghiale sono la ricerca alimentare, i cicli riproduttivi, le variazioni climatiche, la ricerca di rimesse tranquille ed il disturbo arrecato dall’uomo, specie dall’uomo cacciatore. Per concludere, i cinghiali si stabiliscono ove trovano quiete e nutrimento. Il cinghiale non esita a compiere anche lunghissimi tragitti per raggiungere gli alimenti di cui sono più ghiotti, come le ghiande e le castagne.” Inoltre: “L'habitat del cinghiale è il bosco. Tra le finalità della silvicoltura e della forestazione occorrerebbe quindi collocare quelle necessarie all'alimentazione e al rifugio di questi ungulati, là dove ne è prevista la presenza dai piani faunistici.
Le squadre possono impegnarsi nell'integrare le risorse alimentari naturali del bosco lavorando appezzamenti di terreno abbandonato, con il consenso dei proprietari, per seminarvi avena, grano, mais, ecc. piantando anche qualche albero da frutto come peri, meli, susini. A tale scopo occorrerebbe scegliere i terreni incolti situati all'interno dei boschi per tenere gli ungulati lontani dai campi coltivati per i bisogni dell'uomo.”
Dalla Conferenza nazionale sulla biodiversità “La biodiversità in Italia: stato di conservazione e monitoraggio” organizzata dall’ISPRA a febbraio 2014 risulta che il 67% degli habitat sono in cattivo o inadeguato stato di conservazione. E non per cause naturali.
La Regione Veneto consiglia: “Adozione di strategie integrate mirate alla riduzione del danno attraverso foraggiamento dissuasivo che non aumenta il tasso di accrescimento a patto che venga attuato secondo precisi principi (giornalmente con mais distribuito in strisce ampie da 10 a 20 metri), colture a perdere, evitare coltivazioni pregiate al limitare delle zone boscate, recinzioni elettriche che rappresentano il metodo migliore, danno ottimi risultati”.
Rapporto 2004 La gestione della fauna in Italia di Legambiente e Arci Caccia dichiara che "La rapida ed inarrestabile espansione geografica che ha caratterizzato il cinghiale negli ultimi decenni, ha comportato la sua comparsa anche in aree intensamente utilizzate dal punto di vista agricolo ma essendo i danni alle colture da considerarsi un fatto fisiologico piuttosto che cercare di ottenere un'improbabile eliminazione dei danni è necessario semmai puntare a una riduzione di questi ad un livello socialmente accettabile che, in determinati contesti, può risultare anche estremamente basso".
Da Il Forestale set/ott. 2009: Vari sono i sistemi con caratteristiche ed esiti diversi. Ma “Non è da trascurare l’ipotesi del ricorso alla sterilizzazione pratica ormai universalmente adottata nei parchi nazionali stranieri”
Secondo la dott. Caterina Rosa Marino della LAC: “non importare più animali non autoctoni, non foraggiare gli animali in inverno, lasciare che la natura faccia il suo corso, togliere la gestione di qualunque animale selvatico dalle mani dei cacciatori, dotare gli agricoltori, gli allevatori e chi ne abbia bisogno degli ausili utili alla difesa da visite inopportune di cinghiali.”
Selvicoltura naturalistica perché un bosco capace di fornire cibo e protezione permette di trattenere in zona gli animali annullando i rischi di pressione di pascolo sulle colture agrarie circostanti. Dal libro di Franco Nobile Il cinghiale: “Tra le finalità della silvicoltura occorre anche collocare quella necessaria all'alimentazione degli ungulati di cui la foresta costituisce l'habitat fondamentale. Predisponendo cioè i piani di rimboschimento e di forestazione bisogna tener conto delle necessità alimentari della fauna selvatica. Soprattutto è importante seminare piccoli appezzamenti incolti all'interno del bosco, sia per evitare che i cinghiali frequentino i campi coltivati, sia per assicurare una maggiore quantità di alimenti in un ambiente a loro più congeniale perchè più gradito, sia per mantenere i cinghiali su quel territorio. Occorrerà anche creare degli insogli artificiali, ad esempio lungo un ruscello e scegliendo i terreni argillosi ed al riparo dal sole.”
Sviluppo delle pratiche inerenti la selvicoltura tenendo presente che il bosco non è solo alberi ma un sistema biologico complesso. Un bosco capace di fornire cibo e protezione permette di trattenere in zona gli animali.
Secondo l’Università della Tuscia per evitare la dispersione del cinghiale occorre procedere ad interventi di miglioramento del bosco puntando a realizzare fitte superfici con la ceduazione, rimboschimenti, aumentare la disponibilità alimentare con colture a perdere http://www.unitus.it/osservatorio_faunistico/file_pdf/Gestione%20integrata,%20ambiente%20fauna%20e%20agricoltura.pdf
Il prof Carlo Consiglio consiglia: Recinzioni elettriche e la pasturazione in foresta.
Ma anche sterilizzazione farmacologica in fase di sperimentazione, da finanziare, già attivata in Gran Bretagna e in Australia. Alla sperimentazione del vaccino GonaCon di ultima generazione partecipa anche la biologa Giovanna Massei che, con il Parco della Maremma, ha messo a punto un distributore di esche specifiche adatto ai soli cinghiali http://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2015/05/26/cinghiali-in-aumento-in-tutta-europa-la-figuraccia-dei-colli-euganei-di-fronte-alla-scienza/
Stop ai foraggiamenti intensivi ed estensivi.
Predisposizione di barriere olfattive o gustative che alcune fattorie del Chianti fiorentino stanno realizzando con discreto successo.
Porre in essere adeguate opere di prevenzioni per le coltivazioni in pieno campo collocate in aree limitrofe ad aree boscate.
Legambiente: "E' divenuto inderogabile che le Regioni emanino il divieto di apertura di nuovi allevamenti di cinghiali unitamente ad una strategia per giungere alla chiusura di quelli esistenti".
ARSIA Regione Toscana (La prevenzione dei danni alle colture da fauna selvatica, Gli ungulati: metodi ed esperienze) suggerisce i seguenti rimedi di prevenzione: "Recinzioni elettriche ‘particellari’, recinzione elettriche ‘comprensoriali’ (i risultati con questi impianti sono davvero eccezionali sia sotto il profilo della prevenzione del danno sia sotto il profilo del miglioramento sociale tra agricoltori e cacciatori), il foraggiamento dissuasivo (non è mai stato osservato un anticipo del periodo dei parti e non influenza il tasso di accrescimento delle popolazioni). Laddove si sono messe correttamente in opera in Toscana le recinzioni elettrificate si sono verificate forti riduzioni del danno in altri casi si è raggiunto il totale azzeramento".
La Provincia di Firenze (Piano d'azione locale) al punto 2.5 dichiara di predisporre la redazione del Piano faunistico venatorio e I Piani di miglioramento ambientale ma mentre il Piano faunistico venatorio viene redatto puntualmente quelli per il miglioramento ambientale dove sono? Si conoscono?
Nel Rapporto 2004 (La gestione della fauna in Italia) di Legambiente e Arci Caccia si "auspica che si usino parte delle tasse venatorie per effettuare miglioramenti ambientali a fini faunistici che può servire egregiamente a superare con gradualità i tradizionali molto criticabili e diseducativi, interventi di ripopolamento ‘pronta caccia’". Inoltre "tra le province che subiscono danni solo 13 investono risorse per la realizzazione di sistemi di prevenzione. Inspiegabilmente 6 delle province che lamentano la presenza di danni alle colture effettuano contemporaneamente immissioni di cinghiali a scopo venatorio".
Quali saranno? La Toscana è tra queste? E ancora: "I rimedi che hanno fornito i risultati migliori in termini di efficienza sono le recinzioni meccaniche o elettriche".
Inoltre: "Principale causa scatenante dei conflitti è il danno alle colture per il quale talvolta neanche il risarcimento monetario risulta sufficiente a compensare il mondo agricolo del mancato raccolto del frutto del proprio lavoro". Ancora: " Il risarcimento non può sostituire il raccolto vero obiettivo primario dell'attività dell'agricoltore che rivendica quindi la maggiore importanza che il reddito di un'impresa agricola dovrebbe avere rispetto al diritto di praticare un'attività come la caccia".
La Regione Piemonte ha organizzato il convegno "Fauna selvatica e attività antropiche: una convivenza possibile" nel quale è stato presentato lo studio dell'Università di Bologna che conferma dettagliatamente l'efficacia, anche per i cinghiali, dei repellenti olfattivi e gustativi in commercio da tempo per allontanarli sia dagli abitati che dalle coltivazioni.
ISPRA, nel dossier Linee Guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette, scrive: "...gli immuno contraccettivi dell'ultima generazione causano infertilità per almeno 3-5 anni dopo la somministrazione di una singola dose. Lo studio che sta proseguendo sia in cattività che su campo ha consentito di dimostrare che il vaccino GonaConTM è efficace per almeno 2-3 anni e non sembra avere effetti collaterali indesiderati". Dichiara inoltre che le recinzioni elettrificate rappresentano il miglior rapporto costi/benefici.
Il ricercatore Alessandro Bisiani propone la sperimentazione degli anticoncezionali capaci di limitare quasi a zero le nascite. “Una delle tecniche migliori sarebbe pasturare con cibo in bosco, lontano da abitazioni e inserire le esche anticoncezionali di ultima generazione, innocue per la salute dell’animale, nel cibo.”
La Nazione del 6.3.2014 informa che: “L’Università di Firenze, Facoltà di Agraria, ha scoperto un nuovo repellente per tenere alla larga gli ungulati facendo a meno di invasive recinzioni”.
Giovanna Massei è la biologa italiana che lavora a York per una agenzia scientifica britannica e ha pubblicato recentemente i risultati di un nuovo lavoro scientifico sulla rivista Pest Management Science sul vaccino contraccettivo di ultima generazione https://gruppodinterventogiuridicoweb.files.wordpress.com/2015/05/massei2012fcgazzettaambiente.pdf per la distribuzione del quale insieme al cibo è già stato sperimentato il BOS (contenitore distributore specifico per i cinghiali) nel Parco della Maremma. Il lavoro dimostra di fatto che l’attività venatoria non è in grado di contenere né tantomeno di risolvere il problema della crescita della popolazione dei cinghiali. Vedi anche http://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2015/05/26/cinghiali-in-aumento-in-tutta-europa-la-figuraccia-dei-colli-euganei-di-fronte-alla-scienza/
Nella Tenuta di San Rossore, dopo aver cancellato l’uso dell’alimentazione integrata da una pastura di granturco nelle stagioni di siccità, i cinghiali si sono drasticamente ridotti (da 1000 a 350 in 10 anni).
Chiusura di tutti gli allevamenti di cinghiali presenti, divieto di detenzione commercio e trasporto di cinghiali.
Finanziamento agli agricoltori per opere di prevenzione, finanziamento di piani di contenimento della popolazione.
Foraggiamento dissuasivo adottato in Francia.
L’Eco dell’alto Molise e Alto Vastese http://www.ecoaltomolise.net/proliferazione-dei-cinghiali-verso-cancellazione-braccata e http://www.urcasiena.com/2014/11/05/cinghiali-verso-la-cancellazione-della-braccata scrivono in relazione alla risoluzione approvata alla Camera per la cancellazione della braccata in quanto si considera “inefficace e addirittura dannosa la forma di caccia al cinghiale più usata. Addirittura peggiorativa del problema perchè ha determinato negli anni una destrutturazione della piramide delle classi di età agevolando la riproduzione degli esemplari più giovani”. Nel documento si evidenzia, tra l’altro,” la necessità di attuare l’art. 32 della legge 394/1991 sulle aree contigue in modo che possano svolgere la loro funzione di ‘zone cuscinetto’ tra l’area protetta e il territorio in cui si esercita la caccia”.
La Relazione per il controllo del cinghiale nel territorio del Parco del Po torinese http://www.parcopotorinese.it/ric-faun-problem-cinghiali.html espone: “E’ importante puntualizzare che spesso il danno alle colture agrarie non dipende dalla densità del cinghiale. C’è una correlazione inversa con le disponibilità alimentari del bosco e l’attrazione verso le colture che rappresentano alimenti di alto valore energetico”
Fulco Pratesi: “Recinzioni e filo elettrico. Utopico delegare ai cacciatori che hanno tutto l’interesse a mantenere alto il numero delle loro prede, funzioni di prevenzione”.
Per gli incidenti stradali
Molte sono le cause degli incidenti: velocità elevata, traffico veicolare aumentato a dismisura, mancanza di attenzione da parte dei conducenti, approccio alla problematica da parte degli enti preposti non scientifico ma solo emotivo attribuendo all’attività venatoria la risoluzione di tutto.
Franco Nobile nel libro Il cinghiale: “Oltre alla gregarietà, il nomadismo è una delle caratteristiche etologiche più importanti del cinghiale. Dopo lo sviluppo della rete stradale con il conseguente aumento del traffico veicolare diurno e notturno e con l’apposizione delle recinzioni ai bordi delle autostrade, l’habitat di questo ungulato è stato frazionato in una serie di scompartimenti non comunicanti tra loro che hanno impedito gli spostamenti più importanti”. Inoltre: “Non bisogna eccedere in troppa viabilità e neppure tracciare troppi viottoli o stradelli per poter condurre, ad esempio, le mute dei cani da caccia nella macchia, frazionandola in un mosaico da giardino che farà irreparabilmente allontanare i cinghiali verso zone più tranquille. In alcuni paesi europei vengono costruiti appositi ponti sulle autostrade per consentire l'attraversamento dei selvatici.”
La Regione Toscana stabilisce siano il 2% gli incidenti causati da fauna selvatica nel totale degli incidenti stradali. Ma l’Osservatorio Regionale Toscano sulla Gestione Faunistica non rileva e non indicizza gli incidenti di caccia nei confronti di umani e animali domestici.
Recinzioni ai lati delle strade a maggior flusso veicolare (come da decenni in molti Paesi del centro-nord Europa), cartellonistica stradale che avverta seriamente e nei punti censiti, della possibilità di attraversamento di animali selvatici, sistemazione di recinzioni ai alti delle strade a maggior flusso veicolare, inserimento di catarifrangenti (come in alcune regioni del nord Italia), sensibilizzazione delle persone con campagne televisive e radiofoniche.
Uno studio canadese del 2001 commissionato dal Governo di quel Paese (Highway Mitigation Fencing Reduces Wildlife Society Bulletin), ha dimostrato che la collocazione di una cartellonistica seria e adeguata ha diminuito del 34% le collisioni con la fauna selvatica.
La Provincia di Belluno evidenzia in primo luogo che gli animali vengono investiti e poi, le possibili conseguenze sul veicolo e sull'incolumità delle persone. Per ridurre il rischio di incidenti vengono usati: segnale i pericolo, marginatori con dispositivo laterale e luce riflessa, responsabilizzazione degli automobilisti sia sul pericolo che sulla necessità di copertura assicurativa.
Metrocittà di Firenze ha predisposto un manuale per gli studenti ritenendo le altre prevenzioni inutili. Forse per evitare spese?
Il ricercatore Antonio Checchi dell’Università di Bologna Dipartimento di economia e ingegneria agrarie, suggerisce “un sistema ottico dotato di catarifrangente che proietti esternamente il fascio di luce dei fanali degli automobilisti” Rimedio già sperimentato in Italia con successo.
La provincia di Macerata ha apposto su alberi e manufatti che delimitano i bordi stradali un’adeguata segnaletica con dispositivo ottico riflettente.
Soprattutto le autostrade e le strade ad alto scorrimento sono sbarramenti insormontabili per la fauna selvatica. Per superare questo sbarramento il progetto “Rete biodiversità” nella provincia di Varese si sta occupando di costruire corridoi ecologici necessari per mammiferi e uccelli. Sono 38 le amministrazioni coinvolte nel progetto dopo uno studio di fattibilità che ha individuato 54 varchi di cui 7 particolarmente critici. Il progetto prevede anche la riqualificazione delle aree verdi e la deframmentizzazione di sbarramenti invalicabili per gli animali in corrispondenza dei quali saranno realizzati piccoli sottopassi, mensole, rampe o ponti sospesi. Tale progetto ha ottenuto il plauso della Comunità europea che è tra i maggiori finanziatori http://www.fondazionecariplo.it/it/progetti/ambiente/biodiversita/biodiversit.html
FILIERA ALIMENTARE
Ancor prima che la proposta Remaschi riceva l'approvazione, con il contributo della Regione Toscana il 16 ottobre 2015 è stato inaugurato a San Miniato il primo macello autorizzato alla lavorazione delle carni di animali selvatici abbattuti in quanto considerati un'opportunità di reddito.
E ancor prima che la proposta Remaschi riceva l’approvazione, con la Deliberazione del 15 dicembre 2014 n.1185 “Direttive per la commercializzazione delle carni di selvaggina selvatica attraverso la presenza di Centri di Sosta”, la Regione Toscana ha promosso l’attivazione nei boschi dove si cacciano i cinghiali, un gran numero di questi C.d.S. con tanto di frigoriferi e sale di eviscerazione.
La filiera alimentare di carni di cinghiale ha avuto inizio. Questa intenzione conclamata deve per forza prevedere che "la materia prima", ovvero i cinghiali (ma poi i caprioli…), siano sempre disponibili "pronta caccia", altrimenti la filiera andrebbe in fallimento.
Come si giustifica ciò con le motivazioni addotte con tanta magniloquenza nella proposta: riduzione danni all'agricoltura, riduzione degli incidenti stradali?
Il paradosso
I fautori della filiera alimentare ritengono che “la carne della fauna selvatica debba diventare risorsa e valore aggiunto per il territorio e le aziende di ristorazione garantendo tra l’altro una tipicità vera dei prodotti offerti”. Quindi la fauna selvatica diventa commercio, mercato, valore aggiunto, perdendo la sua finalità originaria di “sport”.
La filiera rappresenta un paradosso considerando che la caccia indirizzata a tale evento, non è più praticata per divertimento, ovvero non più finalizzata al prelievo venatorio fine a se stesso, rientrante nel sempre ribadito “sport”, ma diventa la “macellazione” attuata per la creazione del mercato di carne DOP. Rientra nella legge 157/92 tale finalità? No. La fauna selvatica abbattuta durante l’attività venatoria secondo l’art. 12 comma 6 della legge 157/92: “appartiene a colui che l’ha cacciata”.
La filiera alimentare rappresenta l’espropriazione dello spirito della legge 157/92.
Inoltre, nella destinazione filiera, la fauna selvatica non viene trattata come fosse fauna allevata e da reddito? Privata quindi dalla sua caratteristica principale che non riguarda soltanto la specie a cui appartiene ma anche la sua etologia, la sua stessa definizione scientifica secondo Marcello La Greca: “La fauna è costituita dall'insieme di specie e di popolazioni animali, vertebrati ed invertebrati, residenti in un dato territorio, stanziali o di transito abituale, ed inserite nei suoi ecosistemi; essa, costituitasi in seguito ad eventi storici (paleogeografici e paleoclimatici), comprende le specie autoctone e le specie immigrate divenute ormai indigene, come pure le specie introdotte dall'uomo o sfuggite ai suoi allevamenti ed andate incontro ad indigenazione, perché inseritesi autonomamente in ecosistemi appropriati; non fanno parte della fauna gli animali domestici e di allevamento". Ancora: “La fauna selvatica fa parte integrante dell’ecosistema che la ospita, si deve auto mantenere e trovare perfettamente inserita all'interno di quei flussi energetici che regolano gli equilibri tra specie animali e vegetali. Per questo motivo fanno parte della fauna selvatica soltanto le specie stanziali o di transito abituale (animali migratori che ritornano in quel luogo più o meno regolarmente) e sono da escludere le specie avvistate eccezionalmente e le forme domestiche e di allevamento, elementi estranei ai meccanismi regolatori di quella biocenosi (complesso di popolazioni animali e vegetali che vivono e interagiscono fra loro in uno stesso ambiente). Il concetto di fauna, inteso sempre scientificamente, equivale pertanto al termine di ‘fauna selvatica’, poiché non può esistere una ‘fauna domestica’".
Inoltre gli animali cacciati e poi inviati alla filiera, non subiscono la grazia dello stordimento come quelli allevati ma, oltre alla crudeltà della persecuzione venatoria, subiscono “grande stress che influisce in misura rilevante sulla qualità della carne” secondo l’Università di Torino. Il grande stress è sinonimo di maltrattamento. Come pure l’animale colpito in movimento e soltanto ferito che dovrà poi essere seguito e ucciso. Secondo tale Università “Per afferire un colpo corretto e al fine di minimizzare la sofferenza dell’animale e salvaguardare la qualità igienica delle carni è indispensabile conoscere esattamente l’estensione del diaframma” ma “il corretto piazzamento del colpo non è sempre garantito e questo aumenta la probabilità di colpi all’addome o di ferimento.” Tutto ciò contrasta con l’uccisione mediante stordimento preventivo e indica una forma di maltrattamento finalizzato alla macellazione. I cacciatori, secondo l’Università di Torino, sono gli unici che possono osservare nell’animale, prima dello sparo, “comportamenti animali” (come indicato dal Regolamento (CE) N. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano) effettuando così la visita “ante mortem” che, nel caso degli animali allevati, viene fatta dal veterinario prima della macellazione. Nella filiera il cacciatore assume il ruolo del veterinario.
Pericolo sanitario
Mentre l’OMS dichiara che la carne rossa è fortemente cancerogena, in Toscana e in Italia si promuove quella cancerogena e poco controllata e controllabile del cinghiale.
Da considerare anche i pericoli di ordine sanitario come la trichinellosi (che nella valle del Serchio ha infettato 26 persone nel 2014: www.gazzettinodelchianti.it/articoli/minutoperminuto/4670/notizie-sul-chiantifiorentino/controllo-cinghiali-trichinella.php e l'assunzione del piombo contenuto nelle munizioni (studio della University of Colorado) in particolare nei bambini http://www.tutelafauna.it.
Franco Nobile nel suo libro Il cinghiale scrive: “Tra le malattie che colpiscono i muscoli del cinghiale la più importante è la trichinosi perché è pericolosa per l’uomo fino ad essere mortale”.
L’Università di Torino dichiara che “La Trichinellosi è sostenuta da un nematode che trova nel cinghiale un ospite importante. Le larve non sono visibili ad occhio nudo e si localizzano nella muscolatura dove hanno grande capacità di sopravvivere anche alla putrefazione e al congelamento. In Europa il cinghiale è infestato da Trichinellosi per circa il 50%”.
Legambiente Piemonte dichiara che “E’ un fatto risaputo che nella carne di cinghiale ci sia una certa concentrazione di Cesio137”.
In Valsesia i cinghiali sono stati trovati radioattivi
Avvelenamento da piombo
Il piombo disperso nei terreni e nelle acque risulta di 15/20.000 tonnellate ogni anno.
Già a partire dagli anni 70 in Europa sono state adottate misure per regolamentare i livelli di piombo nella benzina, nelle vernici, nelle lattine per alimenti, nelle tubature ma non nelle munizioni http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/caccia/temi/attivita-venatoria/Calendario%20venatorio/il-piombo-nelle-munizioni-da-caccia_relazione.
Benchè siano trascorsi diversi anni da quando l'OMS descrisse l'avvelenamento da piombo come "uno dei peggiori problemi ambientali del mondo", l'Italia e la Regione Toscana non ne tengono adeguatamente conto. Legiferano per uccidere milioni di animali ma non per proteggere la salute dei cittadini.
Il piombo ha effetti tossici sulla fauna selvatica noti da tempo. E' particolarmente concentrato nelle zone umide e rimane disponibile per lungo tempo nell'ambiente entrando a far parte della catena alimentare e accumulandosi nell'organismo provocando intossicazione e morte.
“I principali responsabili sono i cacciatori, in misura minore i pescatori “ (Elena Tirelli veterinaria). Le vittime di questa intossicazione (saturnismo) sono principalmente gli uccelli ma anche i predatori e gli animali che si cibano di carogne.
Da tempo in 16 Paesi europei si attua il divieto (in tutte le zone umide, assoluto ovunque, di commercio e detenzione) rendendo obbligatorio l'uso di pallini di acciaio non tossici.
L'ISPRA, Silvano Toso, http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/caccia/temi/attivita-venatoria/Calendario%20venatorio/munizioni-atossiche-per-la-caccia-agli-ungulati suggerisce l'opportunità di prevedere l'utilizzo di munizioni atossiche non contenenti piombo per la caccia agli ungulati mentre con delibera 377 del 30.3.2015 la Regione Toscana ritiene opportuno estendere il divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo solo all'interno delle zone umide del territorio ma, per quanto riguarda gli ungulati, verificandosi l'impossibilità per i cacciatori dell'utilizzo del fucile ad anima liscia e l'obbligo di acquisto di un fucile ad anima rigata, rifiuta il divieto e attende una normativa nazionale. Non vieta quindi l'utilizzo di munizioni di piombo per la caccia al cinghiale per far risparmiare denaro ai cinghialai.
L’ISPRA nel dossier“Il piombo nelle munizioni da caccia: problematiche e possibili soluzioni” di Alessandro Andreotti e Fabrizio Borghesi dichiara http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rapporto_158_2012_rev2.pdf “Rallentare il processo di superamento del piombo significa prorogare il danno per la salute umana, per la fauna e per l’ambiente in generale”. Quando è avvenuto il bando all’uso di benzina super con piombo nessuno ha protestato, si sono adeguate le case automobilistiche e malgrado il nuovo tipo di carburante imponesse un aggravio di costi per gli automobilisti il passaggio è avvenuto senza particolari traumi. I cacciatori d’oltralpe hanno abbandonato da tempo l’uso di munizioni contenenti piombo. Gli uccelli acquatici vittime del saturnismo é stato calcolato siano diversi milioni ogni anno e mentre è dal 2008 che esiste il divieto di cacciare con munizioni al piombo nelle zone umide, la Toscana soltanto recentemente ha inserito tale divieto nel suo calendario venatorio.
Numerosi TAR tra cui quello dell'Emilia Romagna (sentenza novembre 2011) e il TAR delle Marche (sentenza marzo 2013) hanno sospeso la caccia di selezione agli ungulati in quanto le Amministrazioni non avevano tenuto conto del parere dell'ISPRA inviato il 6 giugno 2011 per l'utilizzo di munizioni atossiche nella caccia agli ungulati (provvedimenti rigettati dal Consiglio di Stato).
Il Regolamento 1881/2006 della Commissione europea stabilisce i tenori massimi di alcuni contaminanti tra cui il piombo, http://www.arpa.fvg.it/export/sites/default/istituzionale/servizi/alimenti/filealimenti/REG_CE_1881_2006.pdf.
La Conferenza di Quito del novembre 2015 http://www.regionieambiente.it/biodiversita-e-conservazione/caccia/1617-caccia-bando-delle-munizioni-al-piombo.html?jjj=1447163368167 ha adottato un provvedimento che prevede “l’eliminazione graduale dell’uso di piombo nelle armi nel corso dei prossimi tre anni indipendentemente dall’ambiente in cui viene praticata la caccia” (Ha anche messo al bando il Diclofenac a uso veterinario che minaccia i grandi rapaci).
L’Italia deve recepire senza esitazione le risoluzioni di Quito. Sarà capace?
In definitiva è risultato che il problema dell’avvelenamento da piombo evidenziato da molti studi scientifici si estende ben oltre gli ambienti acquatici perchè vengono contaminati anche i predatori degli animali colpiti come quelli che ingeriscono le viscere degli ungulati lasciate al suolo dai cacciatori, arrivando fino all’uomo. Naturalmente l’Anpam – Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili, ribatte che tale decisione avrà un forte impatto a livello economico e occupazionale come dire: avveleniamo terra, l’acqua, gli animali e anche noi umani, importante è vendere armi. Il concetto è: facciamo la guerra per vendere armi pena la disoccupazione.
Nel Rapporto 2004 (La gestione della fauna in Italia) di Legambiente e Arci Caccia, si legge che "la stretta vicinanza con il maiale e la presenza diffusa su buona parte del territorio rendono il cinghiale una delle specie selvatiche maggiormente problematiche da punto di vista sanitario".
LEGGI E GIURISPRUDENZA
LEGGE 11 febbraio 1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.
ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è l’ente pubblico di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia tecnica, scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile, sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
L’art. 117 della Costituzione italiana statuisce che “lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.
Per Ecosistema si intende “una porzione della biosfera in cui abitano organismi animali e vegetali che interagiscono fra loro e con l’ambiente che li circonda”(Wikipedia).
Nonostante la Corte Costituzionale con numerose sentenze abbia riconfermato che la materia “ambiente e fauna” è di esclusiva competenza dello Stato e non delle Regioni, la Toscana continua a legiferare in contrasto con le norme statali e comunitarie. Tra queste la sentenza n. 641 del 1987 , la quale, nell’enucleare i parametri costituzionali di riferimento, delinea anche la concezione dell’ambiente, che sarà poi costantemente confermata, come “bene unitario” e come “valore primario ed assoluto”
Nel 2010 l’Art. 42 legge comunitaria 2009 ha modificato la legge 157/92 con l’obbligo di vietare la caccia nei periodi di riproduzione degli uccelli (nuovo art. 18 comma 1 bis legge 157/92) e divieto di concedere deroghe in assenza del previsto DPR che dovrà ulteriormente regolare la materia. Ma: “Voglio ricordare – sottolinea l’ex assessore Salvadori toscano – che in materia di deroghe siamo sempre in attesa del DPR sulle linee guida, che il governo si era impegnato a emanare oltre due anni fa. In questa situazione le Regioni si trovano a dover fronteggiare difficoltà spesso insormontabili……...”. Aspettiamo che suoni la sveglia.
Dal 2008 giace in Parlamento il DDL 510 per l’abolizione dell’art. 842 del C.C. relativo al diritto di accesso dei cacciatori nei fondi altrui, a firma dei senatori Donatella Poretti Marco Perduca e Franca Chiaromonte. Quindi se la legge 157/92 si vuole dichiarare obsoleta, perché non dichiarare obsoleto questo articolo di epoca fascista, emesso nel 1942, tanto più vecchio, più illegittimo, più contraddittorio del concetto tanto proclamato quanto violato “la legge è uguale per tutti” ? Tale DDL prevede anche: "All'art. 21 della legge 157/92 è aggiunto il seguente comma: 4. E' sempre vietato a chiunque immettere in libertà sul territorio nazionale sia ai fini di ripopolamento sia ad ogni altro fine, esemplari di cinghiale di qualunque sottospecie o razza. Per la violazione del divieto di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 1500 per ciascun esemplare".
Per l’abolizione dell’Art. 842 del Codice Civile: "Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno” sono state presentate nel corso degli anni numerose proposte tra cui:
PROPOSTA DI LEGGE Presentata il 16 marzo 2013 d'iniziativa del deputato Brambilla: Modifiche all'articolo 842 del codice civile e alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di abolizione del diritto di accesso al fondo altrui per l'esercizio della caccia http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=17PDL0004540
PROPOSTA DI LEGGE presentata il 5 agosto 2013 d'iniziativa dei deputati GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO, PARENTELA: Modifiche all'articolo 842 del codice civile, in materia di abolizione del diritto di accesso al fondo altrui per l'esercizio della caccia http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=17PDL0010580
PROPOSTA DI LEGGE presentata il 23 luglio 2015 d’iniziativa della deputata ROSTELLATO Modifiche all’articolo 842 del codice civile e alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di attività venatoria http://www.bighunter.it/LinkClick.aspx?fileticket=Hmszepx56zQ%3d&tabid=204
Sentenza 190 dell’8 giugno 2011 della Corte Costituzionale contro la Toscana (e Lombardia). Sentenza che ribadisce l’illegittimità dell’art. 2 del richiamato allegato A della legge toscana n. 50 del 6 ottobre 2010.
L.R. toscana 3/94 art. 2 comma 3 “La Regione per la realizzazione degli scopi definiti dalla presente legge si avvale del supporto scientifico delle Università toscane nonchè di Istituti scientifici e organismi di studio...” Non del censimento, anche se esistesse, interessato e non scientifico dei cacciatori.
Legge 157/92 art. 15: "Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente. All'onere derivante dalla erogazione del contributo di cui al comma 1 si provvede con il gettito derivante dalla istituzione delle tasse di concessione regionale di cui all'art. 23" (cioè per la licenza di caccia). Per il mancato risarcimento sono state intraprese dagli agricoltori numerose class actions.
Con Delibera 377 /2015 la Regione Toscana - Calendario venatorio 2015-2016 non ritiene di vietare l'utilizzo di munizionamento al piombo per la caccia agli ungulati, costerebbe troppo ai cacciatori cambiare il fucile ad anima liscia con quello ad anima rigata e quindi ritiene il suggerimento dell'ISPRA inaccettabile. Risulta evidente come ogni profilo giuridico peggiorativo per l’attività venatoria viene rimandato alla decisione dello Stato, come si deliberi però in modo illegittimo (vedi sentenze) e si disconosca la validità dei pareri dell’ISPRA. Inoltre si dimentica di tener conto dei suoi giudizi negativi sulla braccata prevedendo di attivare tutte le forme di caccia previste nei confronti delle specie ungulate. Ancora, l'art. 1.7.4 della Guida alla Direttiva Uccelli, stabilisce che: "Gli Stati membri devono inoltre fare in modo che le specie a cui si applica la legislazione della caccia non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza. Quando si tratta di specie migratrici, essi provvedono in particolare a che le specie soggette alla legislazione della caccia non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione” ma la Regione Toscana disattende tale noma con la delibera citata in quanto autorizza la caccia a diverse specie di uccelli con pulcini nel nido.
La legge 189/94 prevede che: Dopo il titolo IX del libro II del codice penale sia inserito il seguente: "TITOLO IX-BIS - DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI”. Ma coloro che amano gli animali (e sono molto di più di quelli che li odiano) soffrono continuamente in quanto colpiti in quel “sentimento per gli animali” che la legge vorrebbe tutelare.
L’art. 17 della legge 157/92 consente alle Regioni di regolamentare l’allevamento della fauna selvatica italiana. Purtroppo! L’uomo non cessa di incidere sulle leggi naturali continuando a fare, come la storia ci insegna, soltanto disastri.
L’art. 10 comma 7 della legge 157/92 dichiara che le Province devono predisporre piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali. Che l’INFS (ora ISPRA) deve accertare le compatibilità genetiche degli animali immessi.
L’art. 19 comma 2 della legge 157/92 dichiara che le regioni per la migliore gestione del patrimonio zootecnico…..provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica esercitato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici. Inoltre l’art. 20 comma 1 della legge 157/92 dichiara che l’introduzione dall’estero di fauna selvatica viva, purchè appartenente alle specie autoctone, può effettuarsi solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico. Non ci sembra che uccidere sia un metodo ecologico e che l’introduzione di cinghiali alloctoni sia compatibile geneticamente.
Approvata la legge comunitaria 2009 che modifica la 157/92. Gli articoli importanti: “ E’ vietato l’esercizio venatorio per ogni singola specie durante il ritorno al luogo di nidificazione durante il periodo della nidificazione e le fasi della riproduzione e della dipendenza degli uccelli”. Inoltre al comma 2 dell’art 18 della 157/92 in base a quanto approvato, il punto b del comma 2 dell’art. 43 della Comunitaria stabilisce che “fermo restando le disposizioni relative agli ungulati le regioni possono posticipare non oltre la prima decade di febbraio i termini in relazione a specie determinate e allo scopo, e sono obbligate ad acquisire il preventivo parere espresso dall’ISPRA al quale devono uniformarsi”.
La L.R.Toscana n. 3/94 http://www.italcaccia.toscana.it/leggi_regione_toscana/L.R.T.03-94.htm art. 37 comma 6 ter recita: “I capi provenienti da interventi di controllo appartenenti alle specie cinghiale, daino, cervo, muflone e capriolo, qualora non utilizzati per rifondere i danni provocati o per rimborsare i costi sostenuti per l’intervento, devono essere inviati ai centri di lavorazione abilitati ai sensi del regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 1 agosto 2006, n. 40/R (Regolamento di attuazione del regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari e del regolamento CE n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale)”
Il D.P.G.R. 1 agosto 2006 n. 40/R Regolamento di attuazione del Regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29/4/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari e del Regolamento CE n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29/4/2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. (Tra cui quelli provenienti dalla caccia.)
Risoluzione 8-00085 del 29 ottobre 2014 della camera dei Deputati XIII Commissione Agricoltura http://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/70848 anche http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/agricoltura/2014/11/cinghiali-si-al-contenimento-dei-danni.html sui danni causati all’agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica inselvatichita con particolare riferimento alla proliferazione di cinghiali. Si dichiara apertamente “come a differenza di quanto si sia erroneamente ritenuto fino ad oggi, l’ordinaria attività venatoria non rappresenta una forma di controllo dei cinghiali” e “che i metodi incruenti esistenti non vengono applicati o perdono efficacia a causa della mancanza di applicazione da parte di enti territoriali preposti, di uno schema di piano per la programmazione”. Molto importante in quanto elenca tutte le azioni per il contenimento dei danni senza l’utilizzo della caccia.
La L.R. toscana n. 3/94 modificata con legge regionale 3 febbraio 2010 n. 20, stabilisce la riqualificazione delle risorse ambientali (sono state riqualificate?) e la regolamentazione del prelievo venatorio. Lo fa aumentando enormemente in numero e tempo l’attività di caccia senza tener conto dei rimedi incruenti che la stessa legge 157/92 recepita, imporrebbe di utilizzare in modo prioritario.
Decine e decine sono le sentenze di ogni ordine e grado emesse contro i richiami vivi e sul maltrattamento di animali tra cui una della Cassazione del 2006 e una del Tribunale di Faenza del 2008. Tra le ultime la Sentenza n. 2341/13 del 17/01/2013 della Terza Sezione Corte di Cassazione che ha riconosciuto come reato di maltrattamento, di cui all’art. 727 comma 2 del Codice Penale, la detenzione di uccelli in gabbie anguste.
Sentenza della Corte Costituzionale che accogliendo il ricorso del Governo ha ribadito “gli obblighi comunitari in fatto di deroghe che sono uno strumento eccezionale, il cui utilizzo va ridotto allo stretto necessario e delle necessità di garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna e di disporre di parere favorevole dell’autorità scientifica ISPRA”.
Sentenza n. 1054 del 23 febbraio 2009 del Consiglio di Stato che chiarisce l’illegittimità della caccia in deroga praticata in maniera indiscriminata richiamando il Paese alla tutela degli uccelli migratori in osservanza della Direttiva europea 79/409.
AZIONI LEGALI CONTRO LA CACCIA
Fulco Pratesi Presidente onorario WWF attesta che si fanno: “Ogni anno decine di ricorsi al TAR per norme illegali emanate dai governi regionali” .
Esiste un credito enorme su tutto il territorio nazionale.
Credito di miliardi di euro con gli arretrati a favore di creditori che neppure sanno di esserlo per il contributo non corrisposto, e previsto dall'art. 15 della legge 157/92, a compensazione della servitù dei fondi agricoli imposta dall'art. 842 del C.C.
Class action promossa nel 2012 in Lombardia per patrocinare tutti i proprietari ed i conduttori di fondi rurali per reclamare il canone non corrisposto per l'utilizzo da parte dei cacciatori dei fondi privati (Art. 15 della legge 157/92).
Class action promossa in Veneto nel 2011 da 50 agricoltori per il mancato pagamento della tassa di ingresso dei cacciatori nei fondi privati (Art. 15 legge 157/92). Centinaia di successive richieste fino a che nel 2014 la giunta Regionale non ha potuto fare a meno di applicare la legge e, con delibera N. 2910 del 30 dicembre 2013, ha approvato con un ritardo di oltre 20 anni quanto stabilito per legge, e pubblicato sul B.u.r. n. 14 del 4 di febbraio 2014.
Nel 2013 la Regione Toscana ha diffuso il modulo per i rimborsi art. 15 legge 157/92. Ma i rimborsi sono stati erogati?
L’ufficio stampa del Consorzio Vino Chianti Classico in data 20 maggio 2009 avvertiva l’avvio di una causa di risarcimento danni esprimendo che:”L’onere della risoluzione del problema è di chi lo ha creato e non dei produttori che ne sono vittime”.
Stampa Toscana dell’8 settembre 2012 scrive che il Consorzio del Chianti Classico fa causa per i danni provocati dai cinghiali e il Direttore Generale del Consorzio afferma “La situazione è diventata talmente grave da non poter essere più tollerata. Sono anni che chiediamo alla istituzioni, Province e Regione in primis, di adottare provvedimenti necessari per risolvere il problema”. Se la caccia non l’ha risolto è tanto difficile immaginare che siano altri i rimedi per risolverlo?
Nel 2007 un gruppo di 16 proprietari di fondi agricoli nel comune di Chianni PI ha presentato una domanda per l’esclusione dei propri fondi dal territorio destinato alla caccia. La provincia di Pisa ha respinto la domanda ma il TAR con sentenza 935 del 2012 accoglieva il ricorso dei proprietari annullando la determinazione della Provincia.
AZIONI ILLEGITTIME DELLE ISTITUZIONI
Queste azioni la dicono lunga sulla scorrettezza delle norme emanate dalle Regioni, Toscana compresa, scorrettezza che non può che chiamarsi in un solo modo: favore ai cacciatori nonostante “tutto”. E, quel “tutto” si chiama Diritto, legalità.
In generale, l’interesse economico ma, soprattutto l’interesse politico-elettorale fa sì che a fronte di poche leggi che regolano la caccia, ci siano innumerevoli atti amministrativi pubblici che da queste leggi discendono con interpretazioni sempre e comunque a favore dei cacciatori e contrarie all’interesse degli animali selvatici.
La Regione Toscana con il Decreto del Presidente della Giunta n. 33/R del 26 luglio 2011 Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994 n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992 n. 157) all’art. 57 e al 58 definisce le norme per l’utilizzo e il trasporto degli uccelli utilizzabili come richiamo. All’art. 59 promuove la cattura di questi uccelli. All’art. 65 detta norme per la gestione degli zimbelli proibiti dalla legge 157/92 http://www.abolizionecaccia.it/approfondimenti/uccellagione/la-vita-di-un-uccello-da-richiamo.html
Il Parco del Ticino, per la prima volta, apre alla caccia nelle zone protette e nei parchi iniziando quella dissennata e incongruente collaborazione tra enti di protezione (con scopo professionale di salvaguardia) e associazioni venatorie (con scopo ludico di distruzione e rovina). E l’articolo 19 sui metodi ecologici della legge 157/92?
Modifica alla L.R. toscana 20/2002. L’ art. 6 che modifica l’art. 7 della legge stessa dispone che il prelievo venatorio può avvenire anche nel caso di terreno coperto di neve…..Contrasto eclatante con l’art. 21 della legge 157/92.
Legge salva altane e capanni promossa dalla Regione Veneto e impugnata dal Governo come illegittima.
Sui richiami vivi, piccoli uccelli catturati e imprigionati in gabbie minuscole, tenuti al buio per molti mesi all’anno, spesso accecati e amputati delle ali, sono state emesse innumerevoli sentenze di condanna.
Nonostante le richieste contrarie dell’Europa e delle centinaia di migliaia di cittadini, nonostante la procedura d’infrazione comunitaria n. 2006/2014, nonostante che la sentenza n. 2341/13 del 17/01/2013 della Corte di Cassazione abbia riconosciuto come reato di maltrattamento la detenzione di uccelli in gabbie anguste…., nell’anno 2014 le Commissioni Ambiente e Industria del Senato hanno permesso ancora la cattura e l’utilizzo come richiami vivi dei piccoli uccelli migratori.
La Delibera 377/2015 toscana stabilisce la preapertura della caccia nel periodo in cui molte specie di uccelli avranno i pulcini nel nido. In contrasto con la legge e con la sentenza 20/2012 della Corte Costituzionale che ha dichiarato fuori legge il calendario venatorio di Lombardia Liguria Emilia-Romagna Toscana Marche Abruzzo province di Trento e Bolzano ribadendo la potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela delle specie cacciabili. Lo stratagemma di emettere una legge anziché un atto amministrativo era tutta volta a impedire il ricorso al TAR da parte delle associazioni.
La Corte ha anche ribadito il vincolo di emettere il calendario venatorio entro e non oltre il 15 giugno di ogni anno, vincolo ampiamente disatteso.
Inoltre non viene applicato l’art. 33 della legge 157/92 che impone alle Regione di pubblicare su base annua il resoconto sull’attività di vigilanza venatoria al Ministero dell’Agricoltura.
Da Enpa, Lav, Lipu e WWF Italia: “Nella stagione venatoria 2010/2011 le Regioni hanno disatteso la legge nazionale ignorato le indicazioni scientifiche, disapplicato le ordinanze della magistratura, violato gravemente il diritto. E tutto ciò in piena consapevolezza.”
Il 20 maggio 2013 con sentenza n. 90/2013 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il calendario venatorio della Toscana approvato dalla Regione con legge di durata pluriennale piuttosto che con atto deliberatorio annuale.
Nonostante con sentenze 250 e 405 del 2008 due leggi della Regione Lombardia, gemella siamese della Toscana, siano state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, la regione ha continuato a legiferare con gli stessi profili di illegittimità. Privilegio del cacciatore!
Il 10 febbraio 2013 la Corte di Cassazione con sentenza 1298/2011 ha stabilito che “detenere gli uccelli in gabbie anguste piene di escrementi, essendo l’inadeguata dimensione delle gabbie attestata dal fatto che gli uccelli hanno le ali sanguinanti avendole certamente sbattute contro le gabbie in vani tentativi di volo, integra il reato di cui all’art. 727 comma 2 del Codice Penale” http://www.cacciailcacciatore.org/info/approfondimento.html
L’uccellagione, ovvero la cattura degli uccelli da richiamo con reti e vischio è stata vietata soltanto il 23 luglio 2015 dal Parlamento italiano che ha approvato l’articolo 19 della legge europea la quale già si era espressa contro le reti per la cattura di uccelli selvatici a fini di richiamo da parte dei cacciatori o chi per loro. Un atto dovuto, dopo le varie procedure di infrazione alla Direttiva europea 2009/147/CE (articolo 8 Direttiva Uccelli) fino a quella attivata dall’Europa (2014/2006). http://www.galileonet.it/2015/07/litalia-dice-addio-alluccellagione/
Lo scrittore Jonathan Franzen scrive al nostro Parlamento contro la barbarie dei richiami vivi. E Luca Goldoni giornalista scrive: “Siamo il Paese che detiene il record mondiale delle truffe: finanziarie, alimentari, calcistiche, scolastiche, pensionistiche, sanitarie…” Perché dunque meravigliarci se anche la Regione Toscana finge di agire secondo la legge mentre la infrange?
PRIVILEGI AI CACCIATORI
L’ormai vetusto art. 842 del Codice Civile, questo sì obsoleto visto che risale all’epoca fascista anno 1942, autorizzando i soli cacciatori ad entrare nei fondi privati, rappresenta l’insulto alla Legge e al Diritto perché, parafrasando Orwell, si può affermare con realismo che, per questo articolo, “tutti gli uomini sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri” . Come si può definire tale privilegio? Un insulto per molti, cortigianeria per pochi.
Le istituzioni distribuiscono privilegi ai cacciatori anche quando autorizzano l’uccisione dei piccoli degli ungulati. Quale vigliaccheria, quale mancanza di sensibilità, del senso della bellezza, della tenerezza devono avere queste persone per uccidere un cucciolo! Quanta inumanità!
La Regione Toscana ha approvato la legge finanziaria per l’anno 2015 del 29 dicembre 2014, n.86 http://www.gazzettaufficiale.it/atto/regioni/caricaDettaglioAtto/originario;jsessionid=CbVHpE5J6FcMt7OUATDq2w__.ntc-as1-guri2b?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-02-14&atto.codiceRedazionale=15R00029 che, oltre a regalare un eccessivo potere ai cacciatori, propone la riduzione della tassa annuale per esercitare la caccia che passerà a 23 euro l’anno con una perdita netta di euro 3.800.000 di entrate nelle casse della Regione.
L’attività venatoria si è incistata nel territorio. Il sistema non funziona, le pene, prevalentemente risolvibili con ammende, rimaste per di più invariate dal 1992 non hanno più potere deterrente. La vigilanza è saltuaria e insufficiente, in alcune province completamente latente.
ARMI E ARMIERI
http://www.opalbrescia.org/ L’Italia è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, produttore di armi leggere. L’80% di questa produzione è destinata alla caccia.
850.00 tra cacciatori e tiratori spendono in media 3,8 miliardi di euro (escluse munizioni).
Il giro d’affari della caccia si aggira in Italia intorno a vari miliardi di euro con 60.000 addetti. E va dai fucili all’abbigliamento sportivo, ai cani con relativo nutrimento e addestramento.
LA CULTURA DELLA CACCIA
La presentazione della legge obiettivo n. 27 ha avuto questi connotati culturali da parte dei politici sostenitori. Eccone alcuni:
- si parla di incidenti stradali ma non si accenna minimamente, giusto per senso di pietà, alle vittime umane della caccia;
- dicono che occorre intervenire in maniera preventiva anche in assenza di danno conclamato, ovvero che si può uccidere anche in previsione del danno;
- si definiscono gli ambientalisti beceri;
- si dice che "la determinazione e l'equilibrio sono le due parole che si devono tener presenti per affrontare il problema". Dov’è l'equilibrio nell'ammazzare centinaia di migliaia di animali e provocare centinaia di vittime umane?
- si vede nell'opportuno coinvolgimento del mondo venatorio, la soluzione: uccidere,”nada mas”;
- si dice che è un percorso vincolante per il governo Renzi, che occorre andare fino in fondo e rapidamente, perchè l'economia è la priorità del Paese. La caccia rappresenta l’economia? E’ dunque la priorità del Paese?
- si pensa all'attivazione di una filiera per la commercializzazione della carne per andare incontro alle mense dei poveri. La violenza che si trasforma in gentilezza?
Una serie di immagini artistiche:
Altre parole artistiche di alto livello, sono quelle della sindachessa di Ancona (30.000 i cinghiali marchigiani) che dichiara pubblicamente: “Il lanciafiamme, ecco cosa ci vuole, vanno sterminati. Anche se certamente ci saranno degli ambientalisti cretini che protesteranno, non possiamo permetterci di non fare nulla. Se non riusciamo a trovare il modo di sterminarli, dobbiamo inventarlo”.
L’assessore abruzzese all’Agricoltura ha chiesto al ministro Martina l’attivazione di un tavolo tecnico per la revisione degli strumenti normativi “obsoleti”. Certamente fra questi strumenti obsoleti non ci sarà l’art. 842 del C.C. e neppure la considerazione delle Direttive Europee!!!
Sul giornale on line L’Eco9 a seguito dell’approvazione della Camera per l’eliminazione della braccata i cacciatori hanno risposto così: “Branco di incompetenti” “ben venga il bracconaggio” “Maledetti idioti” “chi sta al di sopra dei cacciatori a fare le leggi non capisce niente”, “panzanate”
Dal sito Caccia Passione: “Quando si parla dei valori della caccia di solito si intendono quelli legati alle tradizioni, all'etica, al rispetto dell'ambiente e dei selvatici”
Sulla rivista Caccia al cinghiale del 2005 si legge, a proposito dell’immagine “etica” che si vuole rappresentare: “Avranno la preferenza le foto rispettose dell’animale (morto naturalmente). Con questo termine intendiamo quelle pose che non sviliscono la dignità della preda (esempio animali appesi a testa in giù o con il piede del cacciatore addosso)” Eccole queste foto: https://www.google.it/search?q=foto+di+caccia+al+cinghiale&biw=1280&bih=562&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&sqi=2&ved=0CBwQsARqFQoTCOelhbTviskCFYNyFAodxoMBCA
Dopo il referendum del 1990 i cacciatori hanno lavorato per “riqualificarsi” creando una nuova immagine di se stessi. Quella del cacciatore ambientalista, amante della natura, tutore dei suoi equilibri, che salva i raccolti da specie “dannose e nocive” (concetto antiscientifico). Immagine paradossale quando si pensi ai motivi per cui cacciano: divertimento, passatempo, sport, arte, passione finalizzata alla carneficina di esseri viventi e legalmente autorizzata dallo Stato. Ma si sa, legalità non è sinonimo di giustizia; neppure i vocabolari lo prevedono.
Parole del presidente Federcaccia anno 2003: “Il nostro fucile è carico di tecnologia, di storia, di arte. Viene da lontano, ha il fascino dei secoli”
“L’uomo è disonorato dal modo in cui tratta gli animali” Prof. Luigi Lombardi Vallauri, filosofo, già ordinario di filosofia del diritto presso l’Università di Firenze, Direttore dell'Istituto per la documentazione giuridica del CNR, presidente della Società italiana di filosofia giuridica e politica, curatore della collana “Trattato di biodiritto” diretta da Stefano Rodotà e Paolo Zatti: Giuffrè, Milano, 2013.
A settembre del 2011 la Procura di Firenze ha effettuato il sequestro di 900 uccelli da richiamo a oltre 200 cacciatori fiorentini: “Amputati, senza occhi, ali e zampe tagliate”.
CONCLUSIONI
Non si può pretendere che i cittadini rispettino le leggi se coloro che le emettono sono i primi a non rispettarle o, peggio, a costruirle a “propria immagine e somiglianza”.
Tutti i motivi ampiamente elencati, obiezioni di biologi, zoologi, istituti scientifici, ricercatori, studiosi e non di animalisti o ambientalisti, di scienza e non di etica, dovrebbero essere presi in considerazione almeno da quelle persone (consiglieri, assessori, amministratori e politici vari) che hanno ancora rispetto per la propria intelligenza e tendono al rigore intellettuale e morale.
Quindi, riepilogando, alcuni punti emergenti:
- La Costituzione della Repubblica è inviolabile (in particolare art. 1-3-107);
- La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e quindi di tutti;
- I presupposti censimenti affidati ai cacciatori sono antiscientifici;
- La caccia non risolve il problema dei danni all’agricoltura, ma l’aumenta: i bisogni dei cacciatori sono opposti a quelli degli agricoltori;
- I cacciatori allevano, introducono, ripopolano, non possono assurgere a controllori in quanto sono responsabili del sovrappopolamento;
- La legge impone i metodi ecologici che sono tanti e sperimentati positivamente;
- La caccia è responsabile di numerose vittime umane e di animali d’affezione;
- Le crudeltà, i soprusi e le illegalità nella caccia sono tante come i privilegi ma ignorate;
- La Filiera alimentare di fauna selvatica è un paradosso, collide con la lettera e lo spirito delle leggi vigenti;
- I rischi sanitari relativi all’alimentazione con fauna selvatica sono elevati;
- Gli incidenti stradali sono minimi e facilmente evitabili.
Infine, il concetto di uno dei padri della cultura occidentale, Pitagora:
“Fintanto che l'uomo continuerà a distruggere senza sosta tutte le forme di vita, che egli considera inferiori, non saprà mai cos'è la salute e non troverà mai la vera pace. Gli uomini continueranno ad ammazzarsi fra loro fintanto che massacreranno gli animali. Colui che semina l'uccisione e il dolore non può raccogliere la gioia e l'amore.”
Firenze, novembre 2015
Mariangela Corrieri