CIRCO CON ANIMALI
Il circo con animali è uno spettacolo che usa gli animali per guadagnare, per divertire.
Questi animali si possono dividere in due categorie: domestici e selvatici.
Prima di accennare brevemente al trattamento ricevuto dagli animali nei circhi, occorre fare una premessa essenziale: richiamare l’attenzione sui seguenti documenti e il loro contenuto giuridico, scientifico, pedagogico, culturale, amministrativo:
L’articolo 13 del Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea: “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell'Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti….”
La Dichiarazione di Cambridge del 7 luglio 2012 che un prominente gruppo internazionale di scienziati, esperti di neuroscienze, ha siglato dopo una scrupolosa ricerca comparativa sui substrati neurobiologici dell’esperienza cosciente sugli animali umani e non-umani: “….Prove convergenti indicano che gli animali non umani hanno substrati di stati di coscienza insieme alla capacità di mostrare comportamenti intenzionali. Di conseguenza, il peso delle prove indica che gli esseri umani non sono unici in possesso dei substrati neurologici che generano coscienza. Gli animali non-umani, tra cui tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, tra cui i polpi, sono in possesso di questi substrati neurologici."
Il documento firmato da oltre 600 psicologi che “esprimono motivata preoccupazione rispetto alle conseguenze sul piano pedagogico, formativo, psicologico della frequentazione dei bambini di zoo, circhi e sagre in cui vengono impiegati animali in quanto tali contesti sono veicolo di un’educazione al non rispetto per gli esseri viventi, inducono al disconoscimento dei messaggi di sofferenza, ostacolano lo sviluppo dell’empatia, che è fondamentale momento di formazione e di crescita, in quanto sollecitano una risposta incongrua, divertita e allegra alla pena, al disagio, all’ingiustizia”
La BVA British Veterinary Association a precisa domanda risponde: “La BVA crede che dovrebbe essere bandito l’uso degli animali selvatici nei circhi viaggianti”
Molti comuni italiani (in Toscana, fra i più recenti: Grosseto) hanno accolto o stanno accogliendo, le linee guida Cites aggiornate al 13/4/2006 vietando l’attendamento ai circhi che detengono: primati, delfini, lupi, orsi, grandi felini, foche, elefanti, rinoceronti, ippopotami, giraffe, rapaci diurni e notturni nonché l’esposizione di rettili (linea recentemente formulata).
Considerata la premessa e il suo importantissimo contenuto, tralasciando l’argomento che riguarda gli animali domestici che ci sono familiari affrontiamo quello degli animali maggiormente usati e maggiormente condizionati, i selvatici, più lontani da noi, quasi sconosciuti, che seguono le leggi biologiche, che vivono in un habitat che non è il nostro e che rifuggono dal contatto con l’uomo.
Gli animali non parlano il nostro linguaggio ma non parla neppure un sordomuto, neppure un cerebroleso, neppure un malato grave ma noi li capiamo dallo sguardo, dai gesti. Anche gli animali ci parlano con lo sguardo, con i gesti, spesso con le urla e i lamenti.
Tralasciando l’aspetto etico che appartiene e arricchisce la coscienza individuale, esaminiamo la situazione di questi animali selvatici da due punti di vista:
1. quello scientifico ovvero della nostra capacità di conoscerli
2. quello empatico ovvero della nostra capacità di capirli
Il punto di vista scientifico ci richiama alla loro natura, al loro comportamento e ai loro bisogni.
Prendiamo ad esempio due animali classici usati nei circhi, l’elefante e la tigre, per esaminarli sotto due condizioni: la detenzione e l’addestramento.
1. Aspetto scientifico
Detenzione, modalità facilmente verificabili visitando lo zoo del circo.
L’elefante è un animale sociale, vive in gruppo dove si formano strettissimi legami; gli elefanti accudiscono tutti insieme i loro cuccioli, li proteggono, si schierano a loro difesa in caso di pericolo, piangono i loro compagni morti celebrando quella che potremmo definire una cerimonia funebre. Hanno quindi sentimenti, hanno coscienza.
L’elefante nel circo viene isolato dai suoi simili, legato a due cortissime catene, non può muoversi, subisce una costrizione, una dura prigionia. La sua sofferenza si manifesta con i movimenti stereotipati della testa. Quindi ci parla.
La tigre è invece un animale solitario che si muove liberamente in un territorio di centinaia di chilometri quadrati, si incontra con il compagno o la compagna soltanto al momento dell’accoppiamento. E’ un predatore potente e fiero.
La tigre nel circo viene rinchiusa in una gabbia angusta, a contatto con persone e animali, con rumori e movimenti, il suo comportamento diventa parossistico, va avanti e indietro senza sosta come segnale di sofferenza. Quindi ci parla.
Addestramento
L’addestramento degli animali nel circo si può dividere in due fasi.
La prima mira a spezzare l’animale (nel gergo circense) e a imprintare in lui la paura, a fargli capire quanto sia impossibile la fuga, a mostrargli chi comanda e quali sarebbero le conseguenze in caso di ribellione.
Spezzare un elefante significa allontanarlo cucciolo dalla madre, iniziare una doma violenta colpendolo con bastoni, pungoli elettrici, uncini.
Spezzare una tigre significa abituarla a temere la frusta e i bastoni, ferirla con la forca, privarla del cibo.
La seconda fase riguarda l’allenamento vero e proprio con la ripetizione quotidiana, degli esercizi stabiliti che contrastano violentemente con la fisiologia e l’etologia degli animali.
L’elefante è costretto a posizioni innaturali (sedersi, sollevarsi su due zampe) che, nel tempo, produrranno gravi conseguenze fisiche.
La tigre viene costretta a saltare nel cerchio di fuoco (di cui ha il terrore), a correre sulla groppa di un cavallo (che è una preda).
2. Aspetto empatico
Empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Così come riusciamo a metterci nei panni di un umano che soffre possiamo metterci nei panni di un animale che soffre, al quale non vengono riconosciuti bisogni, diritti.
Adottando a nostra unità di misura i concetti giuridici, scientifici e culturali citati in premessa (animale essere senziente dotato di coscienza) dovremmo rifiutare quei comportamenti che non rispettino tali concetti anche se gli animali selvatici sono nati in uno zoo, in un circo o in un allevamento. Per questo non sono meno animali ma conservano tutte le caratteristiche biologiche, fisiologiche ed etologiche della loro specie.
Diversamente sarebbe come riconoscessimo che un uomo nato in prigione fosse meno uomo, avesse perduto tutte le caratteristiche umane e preferisse la prigionia alla libertà.
Il rispetto per tutti gli esseri viventi ci fa progredire sul percorso della civiltà. La storia ci ricorda che abbiamo abolito lo schiavismo, il razzismo, il sessismo (almeno tentiamo), ora resta l’ultimo tabù: lo specismo cioè quella differenza che non dipende dal ceto, dal potere, dalla razza, dal sesso ma dalla specie.
Per concludere, domanda finale:
può considerarsi rispettato un essere senziente reso strumento, una cosa, un meccanismo, un oggetto, un mezzo, un automa?
Se rispondiamo no alla domanda noi dobbiamo rifiutare il circo con gli animali, almeno per quelli che, in questo momento, la legge nazionale ci consente.
Firenze, maggio 2014