Ciao sono Pelè, così mi ha chiamato in seguito la mia famiglia che mi
ha tanto amato. La mia storia si svolge tutta a Montepulciano in
provincia di Siena.
Sono capitato nella mattinata innevata di lunedì 24 gennaio 2000, a
casa di una ragazza di nome Marzia che mi ha fatto dormire su un
morbido divano. Io ero molto raffreddato e febbricitante.
Da dove vengo non so dirvelo, ma da Marzia sono stato subito un
gattino molto educato e ho usato immediatamente la lettiera. Ho fatto
da subito tante fusa, ma Marzia per motivi familiari non poteva
tenermi.
Io da lì a poco sarei stato adottato da una sua conoscente, che
piangeva la morte del suo gatto Manny avvenuta una settimana prima.
Sono restato con la mia famiglia fino a sabato 1° luglio 2017, quando
a causa dell’aggravarsi in modo irreversibile della mia salute hanno
dovuto decidere per l’eutanasia. Credo che sia stata una decisione
molto sofferta e terribile, ma io stavo molto male.
E sì, con loro sono stato per più di 17 bellissimi anni.

Ma ritorniamo al giorno che sono stato trovato.
Maria Rita, la mia futura mamma umana, era andata a fare la spesa al
supermercato di Montepulciano dove ha incontrato Marzia che stava
comprando la lettiera per me.
Maria Rita le ha detto di aver perso il suo panterone nero e che
cercava un gattino. Marzia ha proposto me, dicendo che doveva
cercarmi una famiglia e che avevo qualche problemino di salute. Maria
Rita non ci ha pensato due volte è andata da Marzia, mi ha preso
avvolgendomi in una vecchia coperta e mi ha portato a casa a piedi
(anche se ha la patente non guida) ma io non volevo uscire era troppo
freddo, infatti piangevo.
Arrivato nella mia nuova casa, babbo Luigi era al lavoro e sarebbe
tornato più tardi.
Mamma ha subito chiamato un suo collega, amante dei gatti, e con la
sua autovettura mi hanno portato dal veterinario il quale dopo avermi
strapazzato per visitarmi ha detto che non avrei superato la notte; mi
ha prescritto comunque tante medicine.
Samuele, il fratello umano, è andato a prendermi i liofilizzati. Con
il contagocce mi hanno subito forzato l’alimentazione. Io avevo un
febbrone, non volevo mangiare né bere, ma facevo comunque tante fusa.
Quando è arrivato Babbo è stato amore a prima vista.
Sia Babbo che Samuele mi hanno subito riconosciuto. Mi avevano
incontrato il giorno prima al Bivio di San Biagio di Montepulciano.
Loro due stavano andando da una conoscente abitante nel gruppo di case
di San Biagio. Io li ho visti e sono uscito dal portone di un
condominio trovato aperto e dove mi ero riparato dal grande gelo e gli
sono andato subito incontro. Samuele ha chiesto: “Lo portiamo a mamma?
Così almeno smette di piangere per la perdita di Menny.” e Luigi ha
risposto: ”No, non possiamo prenderlo perché sicuramente è di una
famiglia di quel condominio lì (indicando il portone da dove ero
uscito) e poi se lo cercano?
Sono sicuro che quando mi ha visto, babbo si è sentito subito in colpa
per non avermi preso immediatamente a San Biagio e avrà sicuramente
pensato: “Povero micetto, per colpa mia ha passato un’altra notte al
gelo e ha dovuto percorrere tra la neve circa tre chilometri (la
distanza che intercorre tra San Biagio e la Casa di Marzia). Se l’avessi
preso subito gli avrei risparmiato un giorno in più di sofferenze”.
E’ stato Babbo a chiamarmi Pelè. Anche se stavo tanto male,
accarezzandomi mi ha dato una pallina di carta e io ho cercato di
giocare. Non ce la facevo, ma ci ho comunque provato. Babbo vedendo la
mia voglia di giocare con la pallina ha subito esclamato: “Guarda…
sembra Pelè!” riferendosi al famoso calciatore.
Tutta la notte mamma mi ha dato il brodo e acqua con zucchero e così
sono riuscito a passare la notte. Il giorno dopo mi hanno riportato dal
veterinario il quale ha detto di fare la cura per una settimana e di
rivedersi se l’avessi superata.
Il veterinario, sulla mia guarigione, non avrebbe scommesso neppure 5
lire... Si... 5 lire, non c'era l'euro sono vecchietto io, sono nato
verso ottobre 1999.

Tra punture, gocce, flebo, ecc. ho passato pure la prima settimana. Per
le punture e le flebo provvedeva Maria, la nonna materna di Samuele.
Veniva due volte al giorno e mi faceva tanto male anche perché ero pelle
e ossa. Dopo qualche giorno mi sono fatto furbo e quando sentivo suonare
il campanello andavo nella lettiera facendo finta di fare i bisogni e ci
restavo con la speranza che nonna Maria se ne andasse via. Alla fine mi
hanno sgamato e al richiamo di nonna: “RAGAZZO... NON FARE IL FURBO!”,
mi toccava fare la puntura.
Ho avuto per circa sei mesi anche il problema degli starnuti con i quali
riempivo tutti con il muco. Infatti quando mi preparavo a starnutire
chissà come mai scappavano tutti. A parte questo, iniziavo anche a
giocherellare e a prendere le sembianze di un cucciolo di gatto.
Con il controllo dopo la prima settimana, il veterinario mi ha pulito
anche le orecchie facendomi tanto male.
I giorni passavano ed ero sempre più in forma, un gran giocherellone.
Giocavo con Samuele a nascondino. Una volta, per scherzo, mentre
giocavamo mi ha chiuso la porta di camera sua e io che stavo correndo
avanti e indietro non me ne sono accorto e ho battuto una capocciata.
Sapete ho fatto anche il call center. Si, avete capito bene il call
center! Quando suonava il telefono certo non alzavo la cornetta, ma
salivo sopra quell’aggeggio strano e cominciavo a miagolare. Mi ero reso
conto che quando squillava, gli umani lo alzavano e iniziavano a
parlare. Sono sempre stato un gran chiacchierone e pettegolo.
Dopo essere stato sterilizzato ho iniziato ad uscire e quando i miei
andavano via anche solo per poche ore, non vedendoli rientrare andavo a
chiedere informazioni al condominio.
Chiedevo informazioni soprattutto alla mia amica Laura, la condomina
dell’ultimo piano, che mi ha sempre capito, ascoltato, rifocillato e
ospitato. Per me è stata una seconda mamma.
Un giorno Maria Rita dopo aver pulito il bagno, io avevo la lettiera e
la cesta con un morbido cuscino per dormire lì, mi ha portato il
piattino del pranzo con dei ritagli di carne. Lei è uscita a fare la
spesa e al suo ritorno ha trovato tutto il bagno sporco di sangue: con i
ritagli di carne ci avevo giocato invece di mangiarli. Lei si è
arrabbiata molto e mi ha detto di non muovermi dalla cesta cosa che ho
fatto. Appena ho sentito aprire la porta di casa ho capito che era babbo
e gli sono andato subito incontro. L'ho portato nel bagno e gli ho
raccontato tutto, sennò che pettegolo sono? Babbo, anche se mi ha dato
ragione e annuiva col capo, credo che non abbia capito quello che gli ho
detto, infatti ha chiesto poi spiegazioni a mamma.
Iniziando ad uscire ho conosciuto molti miei simili, ma io sono sempre
stato di indole buona e, il più delle volte, le ho prese.
Sono sempre stato una “mamma” per i più piccoli. Avevo come amico un
cucciolotto di gatto nero e quando andavamo via insieme, a babbo gli
facevo sempre ricordare la scena del film con Totò e Peppino De Filippo
che ubriachi ritornavano a casa. Infatti camminavamo strusciandoci l’uno
contro l’altro e questo ci faceva andare a zig-zag.
Un giorno il mio cucciolotto nero non l’ho più visto e non ho avuto più
sue notizie.
Ho avuto anche altri amici del cuore.
Mi ricordo un gattino che i miei chiamarono Microbo. Purtroppo anche
Microbo un giorno non si è più visto, i miei l’hanno cercato ma senza
risultato.
Poi c’è stato Mariolino, un gatto che abitava con Valentina qualche casa
più su.
Con Mariolino per mangiare ci alternavano: una volta andavo io da lui e
la volta dopo lui veniva da me. Purtroppo Mariolino mi ha lasciato
prematuramente investito da un’autovettura.
Dopo moltissimo tempo ai miei è venuto il dubbio che forse Microbo e
Mariolino fosse stato lo stesso gatto. Infatti entrambi erano
marmorizzati con lo stesso colore.
Siccome i miei sono accomodanti, una sera mi sono presentato a cena con
una decina di amici. Ho suonato il mio campanello (toccandolo con la
zampa anteriore) quello che chiamano scacciasogni, con tubicini
metallici, che i miei avevano attaccato per me al pomello della porta
d’ingresso. I miei, molto educatamente, hanno allontanato tutti facendo
entrare solo me. Forse eravamo in troppi, e poi.... senza preavviso...
Ricordo un giorno che Samuele non voleva andare a scuola. Premetto che
quando Samuele usciva per andare a Scuola per me c’erano tanti vantaggi.
Oltre ad avere il suo letto caldo tutto per me, mangiavo anche un pezzo
di pastina e bevevo il latte che lui mi lasciava, ma quella mattina lui
non si voleva proprio alzare. La mamma dopo essersi sgolata esclamò: “Va
be’… Fai come ti pare… Io me ne rivado a letto!”.
Io pensai: “Ma come… Non lo fa alzare? E io?”.
Allora mi sono seduto sul suo petto (stava dormendo in posizione supina)
e ho iniziato a miagolare. Ecco il miracolo! Dopo un po’ Samuele apre
gli occhi e tutto arrabbiato grida: “BASTA! TU E MIA MAMMA MI AVETE
ROTTO. VADO A SCUOLA!”.
Spesso, mentre dormivo, babbo si avvicinava e mi accarezzava il naso. Io
per fare la stessa cosa, alcune volte distrattamente gli ho graffiato il
naso.
Quando suonavo il mio campanello (lo scacciasogni) se non mi sentivano
alla prima, risuonavo più forte e quando aprivano entravo arrabbiato
miagolando con fermezza.
Se invece mi aprivano subito, io entravo salutando con un suono dolce:
“Pruuuuu”.
Quando Babbo non era a casa io non volevo entrare perché quando ero
giovane Maria Rita mi ha fatto qualche dispettuccio non cattivo e quindi
volevo evitare, non si sa mai. Ma poi, un po’ per la fame un po’ per
riposarmi sul divano, alla fine entravo facendo qualche sospiro.
Babbo una volta mi ha tolto un topolino di bocca che avevo cacciato. Lo
ha fatto per salvarlo, ma io mi sono tanto offeso e fino a sera non gli
ho rivolto la parola, nonostante lui avesse cercato insistentemente di fare
pace (mi chiamava, cercava di accarezzarmi, ecc.).
In tutti questi anni mi ha brontolato soltanto due volte e anche in
quelle occasioni io mi sono molto offeso.
In un giorno di ottobre 2002 i miei erano a scuola di ballo e Laura, la
mia amica dell'ultimo piano, quando li ha visti rientrare ha detto di
avermi sentito piangere per le scale, ma non ero io perché ero a casa
con Samuele sul divano.
Più tardi babbo sente miagolare, apre la porta di casa e una grossa
gatta tricolore entra cercando qualcosa da mangiare. Le è stato servito
un piatto abbondante di pici al pomodoro avanzati a cena. Da allora non
è voluta più uscire. Aveva ancora i punti della sterilizzazione. E’
stato chiesto ai vicini e al veterinario, ma nessuno la conosceva e
quindi hanno deciso di tenerla e di chiamarla Emy.
Io che ero arrivato per primo ho dovuto sempre cedere per il buon della
pace, tranne una volta. Infatti Emy mi picchiava, mi mordeva le
orecchie, mi faceva tanto male. Io andavo a lamentarmi da babbo, ma lui
cosa poteva fare? Ricordo che un giorno, dopo la mia ennesima lamentela,
mi disse: “Senti Pelè... che posso farci? Non posso mica morderla io per
te? Non ti posso aiutare mi dispiace, te la devi cavare da solo!”.
Ho seguito il suo consiglio. Dopo qualche giorno ho trovato Emy sul
lettone. Sono salito e ho iniziato a lavarla e accarezzarla e poi,
all’improvviso, le ho dato una scarica di botte… Ci voleva proprio. Lei
è scappata via con una coda grossa e da quel giorno non mi ha dato più
noia.
Ho sempre ascoltato babbo eseguendo sempre le sue richieste, infatti
alcune volte mi guardava sorpreso esclamando: “Cavolo, Pelè! Come può
essere? Mi hai capito!”. Lui restava perplesso e continuava: ”Dicono che
l’essere umano è la specie animale più intelligente della Terra. Come
mai allora io il più delle volte non riesco a capirti mentre tu mi
capisci sempre al volo?”.
Anche quando era l’ora della pappa ascoltavo babbo. Lui mi chiedeva di
aspettare che gli altri gatti finissero di mangiare così mi poteva
accontentare meglio. Cosa che ho sempre fatto: mi mettevo in disparte
aspettando il mio turno.
Quando babbo ha allattato nove gattini (non tutti insieme) perchè orfani io l’ho sempre
aiutato. Lavavo i piccoli, ci giocavo e gli insegnavo ad usare la
lettiera.
Ho fatto da nonno (avevo già 13 anni) alla tricolore Molly, allattata
anche lei da babbo perché aveva perso la mamma.
Con le tricolori non ho avuto mai fortuna, ho dovuto sempre subire.
Non bastava Emy, ho dovuto sopportare anche Molly.
Voglio menzionare anche i gatti dell’ultimo mio gruppo.
Mimma, una gatta più grande di me di un anno e mezzo, che era di una
persona anziana nostro vicino. Quando anni fa il vicino è deceduto,
Mimma con i suoi due figli si è fatta adottare dai miei che hanno
provveduto a sterilizzarli tutti.
Matisse figlio di Mimma, soprannominato urlatore, nato verso aprile 2006.
Zerbino anche lui figlio di Mimma, nato verso luglio 2006.
Soia, presentatasi verso fine agosto 2012 con cinque cuccioli di circa
un mese. I cuccioli sono stati tutti adottati e Soia, che è rimasta con
noi, è stata anche lei sterilizzata.
Il tempo passava e nel corso degli anni ho avuto un paio di
tonsilliti con febbre alta. Nel 2011 ho iniziato ad avere i primi
problemi con i reni.
Una grande crisi l'ho avuta a fine dicembre 2014. La veterinaria,
dott.ssa Federica Barbi, ha detto che sarebbe stato un po’ difficile
che io fossi riuscito a superarla, ma tra alimentazione forzata di
Maria Rita e le medicine e flebo prescritte dalla dottoressa e che mi
somministrava babbo sono riuscito a rimettermi anche stavolta.
Dopo tale crisi babbo, su consiglio medico, una volta al mese mi ha
fatto la flebo con delle vitamine. Io sono stato sempre bravo a farmi
curare, non ho mai cercato di scappare né di graffiare: sono sempre
stato un omino.
Ho trascorso discretamente due anni interi fino a quando mamma agli
inizi di dicembre 2016 accarezzandomi ha scoperto un nocciolino sopra
la spalla. Il nocciolino è diventato sempre più grande. I miei non mi
hanno portato dal veterinario per evitare di sottopormi all’ennesima
sofferenza sia per la visita medica che per l’operazione perché data
la mia età avanzata non era proprio il caso.
Ad aprile 2017 ho iniziato a vedere sempre meno fino a perdere
totalmente la vista. Non mi hanno fatto più uscire da solo e babbo mi
portava fuori qualche oretta la mattina e la sera. Ringrazio i vicini
Carlo e Luigia per avermi ospitato nel loro giardino.
Nella mia nuova condizione i miei mi sono stati molto vicini, cercando
di farmi superare le difficoltà. Specialmente quando la malattia ha
iniziato ad aggravarsi mi hanno aiutato sia per mangiare che per bere
usando anche il cucchiaino. Quando sentivo preparare il tovagliolo di
carta, che mi distendevano accanto per non farmi sporcare, capivo che
era l’ora della pappa.
La mia malattia è peggiorata e sabato 24 giugno 2017 sono stato
portato dalla mia dottoressa Federica Barbi la quale, dopo avermi
visitato, ha consigliato l’eutanasia, ma babbo non ha voluto. La
dottoressa mi ha quindi prescritto delle flebo con vitamine una volta
al giorno per alcuni giorni per cercare di tirarmi un po’ su.
Sabato 1 luglio 2017 le mie condizioni anche se erano già disastrose
sono molto peggiorate, ma babbo ancora non ce l’ha fatta a portarmi
dal veterinario, forse sperava che avessi fatto da solo. Nel
pomeriggio la mia situazione è diventata insostenibile e quindi si è
deciso a chiamare la veterinaria.
La mia dottoressa Federica Barbi, che è stata sempre gentile e
disponibile, era fuori Montepulciano, era lontana e quindi non poteva
venire.
Mi hanno portato dalla veterinaria di Largo Amiata di Chianciano Terme
la quale, dopo avermi visitato, ha provveduto all’eutanasia.
Mamma non se l’è sentita ed è restata fuori, mentre babbo è stato con
me fino all’ultimo, accarezzandomi di continuo la testa. Sentivo babbo
singhiozzare e la voce della dottoressa che molto amorevolmente mi
chiamava e mi rassicurava. Ho avuto tanta paura, ma le carezze di
babbo mi hanno comunque tranquillizzato.
Ecco... sono le 18.30, mentre mi appresto a lasciare questo Mondo
sento le labbra di babbo che appoggiandosi sulla mia testolina mi
danno un forte e lungo bacio per salutami l’ultima volta.
…ciao Pelè...
Luglio 2017
Luigi e Maria Rita