Articoli per la rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze
Da agosto 2018 Gabbie Vuote collabora con la Rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze
La caccia
Viene definita sport, arte, cultura, tradizione, amore… L’accademia della Crusca sarebbe d’accordo ad attribuire questi significati a comportamenti inversi e contrari alle parole usate? Non credo.
Tanti sono stati i comportamenti umani accettati come tradizione: lo schiavismo, la servitù della gleba, la crocefissione, la ghigliottina, le lotte dei gladiatori, l’impiccagione. Ma ora non esistono più, sono superati, almeno in occidente. La caccia dovrebbe essere fra questi. Uccidere per divertimento esseri viventi è inconcepibile.
I cacciatori, in calo costante negli ultimi anni, nel 2017, secondo la recente valutazione di Federcaccia, hanno avuto un crollo improvviso rinnovando la licenza in soli 410.000. A loro stesso dire stanno diventando sempre più marginali. Infatti, che ruolo possono avere in una società che diventa sempre più sensibile agli animali e all’ambiente, sempre più attenta, più etica, più evoluta e che per oltre l’80% è contraria alla caccia?
I cacciatori, pochi o tanti, hanno il ruolo che hanno sempre avuto: uccidere milioni di animali ogni anno per loro uso e consumo; disperdere piombo veleno potentissimo nell’ambiente (già a partire dagli anni 70 in Europa sono state adottate misure per regolamentare i livelli di piombo nella benzina, nelle vernici, nelle lattine per alimenti, nelle tubature, non nelle munizioni ma la Conferenza di Quito del novembre 2015 www.regionieambiente.it/... ha adottato un provvedimento che prevede “l’eliminazione graduale dell’uso di piombo nelle armi nel corso dei prossimi tre anni indipendentemente dall’ambiente in cui viene praticata la caccia”); rinchiudere uccelli in gabbiette e tenerli al buio affinchè portati alla luce attirino col canto i loro simili che verrranno fucilati dai comodi capanni; bracconare con trappole, lacci, reti, tagliole, armi illegali, richiami acustici…ecc. (l’80% dei cacciatori è bracconiere); entrare liberamente nella proprietà privata e non pagare neppure il contributo dovuto, giusto per confermare che la legge non è uguale per tutti (l’Art. 842 del C.C. del 1942, epoca fascista, lo permette e nessun Governo finora è stato capace di abrogarlo, rappresenta l’insulto alla Legge e al Diritto perché, parafrasando Orwell, si può affermare con realismo che, per questo articolo, che: “tutti gli uomini sono uguali ma alcuni uomini sono più uguali degli altri”); distruggere la biodiversità (vedi lupo portato all’estinzione negli anni ’70 e ora protetto in tutta Europa ma con Province e Regioni italiane che emanano leggi incostituzionali per eliminarlo); introdurre specie alloctone come il cinghiale dell’est Europa più prolifico, più grande e confidente e il silvilago o minilepre del Nordamerica, ecc.ecc.; infine provocare ben 114 vittime umane, di cui 30 morti nella sola stagione venatoria 2017/18 (punta dell’iceberg) per non parlare degli animali domestici uccisi.
I numerosi dossier di raccolta dati dell’Associazione Vittime della Caccia www.vittimedellacaccia.org dal 2009 attestano di centinaia di casi di feriti e morti umane. Bambini uccisi, feriti, traumatizzati da pallini che li hanno sfiorati, dal vedere ammazzati a pochi metri da casa i loro amici animali, dal non poter giocare serenamente sulle loro altalene con la paura che possa arrivare un cacciatore. Bambini oltraggiati. Tutto ciò non rappresenta alcuna esagerazione, basta leggere le notizie puntualmente riportate.
Tali incidenti vengono passati sotto silenzio, giudicati dai cacciatori come: fatalità, errori, imponderabile sfortuna, effetti collaterali, congenito rischio della caccia. Noi vorremmo considerarli alla stregua degli omicidi stradali: omicidi venatori.
La Toscana, in questa vergognosa esperienza, contende il primato italiano ad altre Regioni.
Tra le varie forme di caccia www.gabbievuote.it/caccia-al-cinghiale-relazione.html
ce n’è una particolarmente spietata: la braccata al cinghiale che impiega decine di cani e decine di cacciatori. Spietata nei confronti dei cinghiali uccisi con fucili equiparabili a quelli da guerra, assaliti e morsi dai cani e spietata nei confronti dei cani feriti dai cinghiali
Questi cani vivono un’orrenda vita, non sono cani come gli altri.
La legge 281 del 14 agosto 1991 chiama i cani “animali d’affezione”. Non li distingue in categorie: cani da caccia, cani da compagnia, cani da guardia, cani da valanga, ecc.
Ma i cani dei cacciatori di cinghiali non sono animali d’affezione, sono soltanto e semplicemente strumenti.
Strumenti per uccidere come i fucili, le battute e l’organizzazione di una squadra di caccia. In quanto strumenti e non esseri viventi, il rispetto è una categoria a loro non dovuta.
Le leggi di tutela, nazionali, regionali, comunali, non vengono applicate per i cani dei cinghialai.
Il maltrattamento è diffuso, standardizzato, sclerotizzato al punto che questi cani nessuno li vede, sono invisibili o, meglio, tutti li vedono ma come parte inamovibile del paesaggio.
Nei boschi, in campagna, ovunque ci si muova, si faccia una passeggiata, si passi in macchina, ai bordi dei paesi, alle periferie delle città, in mezzo ai campi, nelle pinete e nella macchia, isolate, nascoste, si incontrano baracche di legno putrido e lamiere, protette da cancelli, circondate da reti, oscurate da teli verdi, inaccessibili alla vista se non fosse per le fessure e gli squarci.
In ognuno di questi canili abusivi, che sono centinaia e centinaia, vengono rinchiusi cinque, dieci e anche più cani, soprattutto piccoli segugi, spinoncini e meticci di questi. Cani lasciati soli, prigionieri di gabbie di un metro e mezzo per due con tre o quattro animali, costretti al letargo forzato tutto il giorno e tutti i giorni per l’intero periodo di chiusura della caccia. Ci sono cani rinchiusi in box completamente al buio, come murati vivi. Nutriti con pane secco buttato tra gli escrementi.
I cacciatori pretendono di intervenire per riorganizzare l’equilibro delle popolazioni selvatiche e tutelare gli agricoltori dai danni che gli animali producono ignorando, o fingendo di ignorare, che gli animali sono governati dalla legge biologica della “capacità portante”. Nascondono inoltre quanto da tempo viene affermato da ricercatori, studiosi, biologi, zoologi, istituti scientifici: la caccia è un meccanismo che si autoalimenta. Come si potrebbe quindi conciliare l’interesse degli agricoltori con quello dei cacciatori? I primi chiedono addirittura l’eradicazione del cinghiale (e del capriolo), gli altri ne vogliono quantità sempre maggiori per soddisfare il loro condizionante piacere.
Per quanto riguarda gli uccelli, in Europa, su 28 Paesi della Comunità, la palma della caccia la detiene la Francia con 25 milioni di animali uccisi ogni anno. Segue la Gran Bretagna con 22 milioni e terza l’Italia con 17 milioni.
Ogni anno in Italia possono venire uccisi legalmente 464 milioni di animali, circa 5 milioni per ogni giornata venatoria, 500.000 per ogni ora, 139 al secondo!
In Costa Rica dal 2012 la caccia è vietata. Vietata anche in Kenya (da oltre dieci anni), Tanzania e Botswana.
Il Governo potrebbe accogliere alcune proposte eque che arrivano dalle associazioni e dai cittadini:
vietare l’uso di richiami vivi
vietare la braccata
vietare le munizioni al piombo
abrogare l’art. 842 del C.C.
Ottobre 2018
Mariangela Corrieri
Presidente Gabbie Vuote ODV Firenze