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Articoli per la rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze

Da agosto 2018 Gabbie Vuote collabora con la Rivista Italia Uomo Ambiente di Pronatura Firenze

La Diversa


C'è una festa tra un gruppo di amici. Amici veri, di quelli che fanno tutte le cose insieme, che si baciano quando si incontrano e quando si salutano perchè la loro visione del mondo collima.
Quella sera si cambia ambiente. Per la prima volta, dopo un anno e più di incontri, la festa si svolgerà in una nuova casa. Non c'è niente di strano. Si sa, gli amici tra loro sono generosi.
La casa nuova, è estranea, neutrale rispetto a quelle ufficiali, è impeccabile, perfetta, ogni macchia, ogni intemperanza si diluirà tra le tende e i tappeti ancora innocenti.

C'è una persona tra quegli amici che è “diversa” da tutti. Lei ha il doppio dei loro anni, potrebbe essere una mamma o una nonna. La diversità conta tra gli esseri umani che l'hanno sempre scandita con i termini più vari: bianco nero, maschile femminile, giovane vecchio, ricco povero, occidentale orientale, cristiano musulmano.... e mille altri.
Ma la differenza non vige in questo gruppo. Loro sono tutti amici perchè amano gli animali e di animali si dovrà parlare in quella festa. Di come aiutarli a sfuggire alla crudeltà umana.

Ma quella festa appare stranamente formale, piuttosto silenziosa, sembra che nessuno abbia da dire niente. Alcuni amici sono seduti uno accanto all'altro, con le mani posate in grembo a formare un quadro ottocentesco; altri sono più scomposti ma sembrano in attesa. Non scorrono parole vere, forti e significanti; non si sa che dire, sembra tutto fermo, aspettando.

La “diversa” è invece gioiosa anche se un po' perplessa ma questo è molto, molto secondario rispetto alla gioia di riunirsi con questi giovani amici per scambiare idee, suggerimenti, strategie e continuare a camminare per quella strada frenetica, entusiasta e vigorosa che da un anno hanno intrapreso. Un viaggio lungo, faticoso, difficile ma con una meta straordinaria, la più affascinante meta che l'uomo possa porsi: libertà, uguaglianza, fraternità fra tutte le creature della Terra. Una vera rivoluzione sì, ma francescana, delicata, non violenta. Una vera poesia di vita!

Da quando la loro amicizia è nata, da quel momento in cui la luce li ha tutti convogliati sotto un solo unico nome, declinato con fantasia: Lav me, Love, Amore, sono stati uguali, fraterni, liberi. Rivoluzionari.

Ma...ma...ma...la luce si può spegnere, non tutti resistono alla luce violenta. E in qualcuno non c'è più luce. Non c'è più la meta straordinaria e lontana da conquistare insieme.
Tra gli amici, quella sera, qualcuno è in ombra. Cammina su e giù, nervoso, cambia stanza, ritorna. Resta in piedi. E in piedi regna la fretta, regna l'insofferenza, l'irrequietezza.
Quelli seduti sono in attesa. Qualcosa si muove nell'aria in quel salotto ottocentesco dove gli amici aspettano sotto la bella luce che non perdona.

E sotto la bella luce che non perdona, finalmente, l'ombra si ferma e parla. Ha una voce fredda, astiosa, dura. Una voce che rompe i vetri, che infrange la speranza. Dice cose cattive all'amica “diversa”, cose come: non approvo, non mi piace la tua risposta, non mi piace quello che hai fatto e neppure quello che non hai fatto. Ho tante cose che mi urgono e le dico ora, davanti a tutti, ho aspettato due mesi, forse tre, prima di esplodere e ora esplodo. Io devo parlare, sono uno che non tiene nulla dentro e anche se sono passati due mesi o forse tre sono sempre uno che deve dire subito ciò che pensa.

Non mi va, non mi va, non mi va. Ma cosa, non ti va? Azzarda la “diversa”.
Non mi va, non approvo, non condivido....
Ma cosa? Insiste ancora e ancora la “diversa”. Ma non sente la risposta, non capisce se c'è una risposta e non può replicare, non può neppure dire il suo stupore, gigante come un gigante, nessuna parola può replicare alla non parola.

Lui, l'ombra, non parla solo per sé, parla anche per altri che gliene hanno dato il mandato. E parla anche per alcuni dei silenziosi seduti sul divano ottocentesco nel salotto ottocentesco dalla bella luce avvolgente. I silenziosi sanno che è uno di loro, lo sentono vicino, uguale, sono tutti diversi dalla “diversa”.

La “diversa” è in mezzo agli amici, le mani posate sul tavolo, sopra le carte che erano il segreto della loro rivoluzione. Le mani arrese, le carte spente, la luce che sa anche uccidere.
Lo stupore ha invaso ogni parola e ogni pensiero.
Ma nonostante lo stupore che si faceva strada a bastonate nel suo cervello e che si poteva osservare senza difficoltà nei suoi occhi che l'ombra aveva prepotentemente invaso, lei non capiva. Eppure avrebbe dovuto capire. Le parole servono per spiegare. Le parole, ma non le non parole.

Quelle parole non parole lei non le capì, per quanti sforzi facesse. Era diversa e non poteva sapere che due parole senza frase, un aggettivo o un nome privi di inizio e di fine, una fila di spezzoni verbali, per gli amici avessero un significato mentre per lei erano lingua nuova, sconosciuta, una torre di babele dell'incomprensione.

Lo stupore la raggelava, pensava di non essere più quella che era all'inizio della festa, pensava che qualcosa di virulento fosse penetrato sotto la luce amorevole del salotto ottocentesco e lo avesse trasformato in un mondo inospitale.

L'amico, ma non più amico se l'aveva condannata, il nemico, quello che aveva scagliato il sasso e ritirato la mano fuggendo senza dare né chiedere spiegazioni, senza permettere all'accusata di riaversi dallo stupore, di chiedere ma anche di ottenere le risposte, si era liberato delle pietre che aveva in cuore. Ma quando erano entrate nel suo cuore quelle pietre? Perchè accusava di queste la “diversa”? Perchè non l'aveva chiamata da parte per dirglielo? Perchè non l'aveva fatto all'inizio dell'inizio? Perchè proprio ora, nel teatro del salotto ottocentesco, dopo aver permesso a queste pietre di schiacciargli il cuore, la mente e la verità?

Sotto l'acuto sguardo degli altri, immersi nel silenzio greve scavato da quelle parole infette, da quel sasso lanciato che ha rotto il cristallo dove si specchiavano, la “diversa” avrebbe voluto fuggire. Avrebbe voluto che quella cornice che la rinchiudeva in un quadro tenebroso contenesse la storia di qualcun altro.

Ma no, era proprio la sua storia. Era proprio lei l'artefice della disfatta dell'ideale in cui tutti loro credevano, era proprio lei la colpevole della distruzione di un paradiso di armonia. Lei era la “diversa” e doveva essere punita con un’accusa lapidaria davanti alle ombre, senza processo e senza avvocato difensore. Non servivano, la sentenza inappellabile era già stata emessa da quel giudice infallibile. Il processo era nato insieme alla sentenza. Due in uno, come fratelli siamesi, impossibili da separare. Colpevole!

“Colpevole di non aver capito che io, prima amico e poi nemico, gettando il sasso, ho legittimato la mia insoddisfazione per non aver ricevuto da te quello che non ti ho mai chiesto, per non aver sentito da te quello che non ti ho mai domandato, per non essere riuscito a farti indovinare quale era la mia necessità stringente, il mio anelito più grande: scaricare su di te il peso delle mie pietre.”

Firenze, settembre 2024

Mariangela Corrieri
Presidente Gabbie Vuote ODV Firenze










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